12 Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13 Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 16 In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. 18 Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. 19 Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20 In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato»
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In modo semplice e luminoso il ver.12 collega la “spogliazione” di Sé compiuta da Gesù per lavare i piedi dei suoi con la spogliazione di Lui nell’ora della Croce. Così la lavanda dei piedi assume il significato di un gesto sacramentale. Non si tratta solo di un generico “servizio” ma del volto essenziale della vita cristiana dove la Pasqua di Gesù diventa per noi comandamento principale di perdono fraterno e di fraterno amore.
Si tratta di un evento di straordinaria umiltà e insieme di altissima autorevolezza. I vers.13-15 svolgono questo tema a partire dai due grandi titoli di Gesù: il Maestro e il Signore. Ebbene! Ognuno e tutti, nella nostra semplice e ordinaria vita cristiana, dobbiamo celebrare questo compito di signore e maestro gli uni verso gli altri! L’esercizio incessante del perdono e del fraterno amore è la fisionomia fondamentale dell’esistenza cristiana. Il gesto del Signore è dunque più che un “esempio”: è addirittura il “paradigma” della vita cristiana: “perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Con due termini insieme severi e di grande impegno – servo e inviato! – Gesù affida ad ogni discepolo il ministero che Egli ha esercitato con la sua Pasqua di morte e risurrezione. Questo è l’altissimo magistero e il divino compito affidato a ciascuno e a tutti. Bisogna che lo stesso sacramento della riconciliazione diventi più ampiamente, nella prassi cristiana, fonte e guida di un esercizio del perdono e dell’amore come principio e guida di ogni esistenza. Secondo il ver.17, questa è la grande beatitudine della vita cristiana, il suo immenso potere di bene e la sua straordinaria inarrestabile forza.
Ai vers.18-19 ritorna drammaticamente la figura di colui che “mangia il mio pane e ha alzato contro di me il suo calcagno”. Questa citazione del Salmo 40(41),10 non è unito ad un nome specifico, e resta come sospesa nel rischio angosciante di divenire il tradimento da parte di chi condivide intimamente la vita di Gesù, e mangia il suo pane! Anche oggi sento in coscienza di dover proporre come ipotesi di spiegazione il rischio che proprio chi è più vicino e più intimo del mistero del Signore possa rifiutare l’assoluta egemonia del perdono e dell’amore, e in questo modo tradire il cuore del mistero cristiano. Magari in nome della giustizia divina! Ebbene, a questo punto, al ver.19, la condanna e la Croce di Gesù, ucciso come malfattore perché si attribuisce il titolo del Figlio del Dio della misericordia, proprio questa Croce sarà la piena illuminazione del mistero di Dio: “perchè crediate che Io sono”.
Così il ver.20 può espressamente coinvolgere la vita cristiana al mistero trinitario del Dio Amore, rendendo presente e sempre operante la presenza del Dio della misericordia e dell’Amore nell’umile presenza e nella piccola esistenza di ogni credente in Gesù.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.