49 Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. 50 E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
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Commento DI RENZO
Poche parole che chiudono il discorso di Gesù iniziato al v. 44. E bene anche precisare che nei versetti che precedono il testo odierno, ogni volta che ricorre il verbo condannare bisognerebbe tradurre con giudicare (vv. 47-48).
Sono le ultime parole di Gesù prima dell’ultima cena con i suoi discepoli, e che in qualche modo sigillano il compimento della sua missione pubblica, dopo di che inizierà l’Ora della Passione (dal cap. 13), quindi sono parole molto importanti, già esplicitate (8,26.28.38), ma che il Signore desidera ripetere perché entrino e restino salde nei nostri cuori.
Gesù non è un semplice registratore nelle mani del Padre, le parole che ha udito, che ci ha trasmesso e che non passeranno (Mt. 24,35) hanno avuto un prima e un dopo, una causa che le ha precedute e un effetto che le ha seguite: cioè il mandato del Padre ha avuto bisogno del SI del Figlio, che anticipa quello di Maria (Lc. 1,38) e che viene confermato nell’orto del Getsemani (Lc. 22,42); questo SI avrà inoltre come effetto un cammino che porterà Gesù sulla croce, dove potrà finalmente dire: E compiuto! (Gv. 19,30).
Quindi le parole che Gesù ha udito dal Padre e che ci ha lasciato ci aprono una strada di salvezza comprata a caro prezzo con il suo sangue (1Cor. 6,20), perche Lui ha potuto e voluto farsi carico del giudizio che incombeva sull’umanità. All’uomo non resta quindi che confessare: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc. 18,13), e dire, insieme a Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv. 6,68).