46 Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. 47 Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48 Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno.
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COMMENTO GIUSEPPE FRATELLO
Sono quasi le ultime parole di Gesù prima della sua passione. In sintesi si ripropone il tema di come fare a «diventare figli della luce mentre la luce» (v. 36) cioè Gesù stesso, «la luce vera che viene nel mondo» (Gv 1,9), è ancora tra i discepoli.
Il v. 46 dice che non basta credere in Gesù, cioè nel Padre che lo ha mandato (cf. vv. 44-45). Occorre infatti anche ascoltare e custodire le sue parole (cf. v. 47a), ed evitare l’atteggiamento opposto: disprezzare Gesù e rifiutare le sue parole (cf. v. 48a). Gesù non condanna chi non ascolta e non custodisce le sue parole perché non è venuto nel mondo per condannare il mondo ma per salvarlo (cf. v. 47b). D’altra parte sarà proprio la parola detta da Gesù e rifiutata a condannare nell’ultimo giorno chi avrà disprezzato Gesù che ha pronunciato quella stessa parola (cf. v. 48b). In pratica Gesù da un lato si sottrae al compito di giudicare e condannare adesso chi lo respinge e dall’altro rimanda al giudizio finale il momento della condanna. Tuttavia non sarà lui a condannare ma la sua parola, detta a suo tempo e contestata. Si vede, in conclusione, che l’argomento del rapporto attuale di ognuno di noi con la parola detta da Gesù e custodita nel Nuovo Testamento è l’argomento serio della vita cristiana.