1 Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: 2 «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». 3 Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore.
Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. 4 Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».
5 I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. 6 Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. 7 Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. 8 Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. 9 Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!».
10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
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Proviamo a chiederci con quale esperienza e con quali parole Giona ora va a Ninive. Certamente ha conosciuto la morte! Ha conosciuto la preghiera. Ha conosciuto la risurrezione alla vita nuova. Diciamo subito che questa sua “conversione” non sarà per lui il volto definito, stabile e pieno della sua nuova esistenza. Al cap., 4 vedremo che questa esperienza di morte-risurrezione non è evento una volta per sempre, ma piuttosto è il principio di un’incessante conversione! Tuttavia potremmo anche forse considerare che Giona non è più l’uomo che abbiamo incontrato al principio del Libro, e quello che ha attraversato ormai sarà il criterio guida della sua vita nuova: un’incessante necessità di conversione.
Ci possiamo ora domandare se l’oggetto della predicazione di Giona – “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”(ver.4) – è una minaccia o più direttamente l’annuncio di quello che veramente accadrà. Io mi sento più portato verso la seconda ipotesi. Se questo è possibile ritenere, possiamo considerare il loro “credere” e tutte le sue pratiche conseguenze – digiuno, vesti di sacco, cenere, digiuno (vers.5-7)…e infine l’invocazione del Signore con tutte le forze (ver.8) – come una “celebrazione” di quella distruzione annunciata. Mi spiego questo evento di conversione, e provo a comunicarlo a voi, come un passaggio dall’uccidere al morire, dalla potenza alla povertà, dalla rapina alla mendicità. Dunque una conversione come interpretazione capovolta dell’esistenza. E questo non solo e non tanto sul piano del comportamento morale, ma come rivelazione del volto profondo della realtà e della vita. In questo senso viene coinvolta l’intera creazione, e anche gli animali “si coprano di sacco”. Tutto è povero!
Davanti a questa conversione, anche Dio si converte! “Si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece”(ver10). Vedremo che resta solo Giona da convertire. Cioè, noi. Noi, e ciascuno di noi. Io.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Due particolari mi colpiscono in questo capitolo. In primo luogo la violenza che è presa come unico esempio esplicito della condotta malvagia dei niniviti: ognuno si deve distogliere “dalla violenza che è nelle sue mani”(v.8). Quella violenza che così facilmente e così spesso esplode contro l’altro, l’avversario, ma anche contro la donna prima amata, contro il bambino debole e impossibilitato a difendersi… La seconda osservazione riguarda gli attori della conversione: “grandi e piccoli” (quindi anche i bambini che non contavano nulla in quelle società), “uomini e animali”: si specificano, tra gli animali, “armenti e greggi”(v.7). Anche loro quindi sono associati alla conversione e alla salvezza. Nel mondo trasformato dall’opera di Dio c’è posto anche per una loro diversa esistenza. Sarà valido questo oggi, ma anche alla fine?