11 Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge. E se tu giudichi la Legge, non sei uno che osserva la Legge, ma uno che la giudica. 12 Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo?
13 E ora a voi, che dite: «Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni», 14 mentre non sapete quale sarà domani la vostra vita! Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare. 15 Dovreste dire invece: «Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello». 16 Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo. 17 Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.
Giacomo 4,11-17

La Parola che oggi il Signore ci regala mi sembra una grande lode della beatitudine dei poveri in spirito!
Il rimprovero che Giacomo ci rivolge in nome del Signore ci pone davanti al pericolo della nostra presunta grandezza.
Mi sembra di grande spessore che egli prenda le mosse parlando dei rapporti tra fratello e fratello. Il pericolo è parlare male o giudicare il fratello!
Dunque parte dalla vicenda concreta delle relazioni tra noi!
E da questo, risale al rapporto con la Legge, che qui va intesa come la Parola, la Legge del Signore. Chi sparla del fratello o lo giudica parla contro la Legge e giudica la Legge!
E questo avviene, mi sembra, perchè la Legge del Signore è da Lui donata non per la nostra condanna, ma per la nostra salvezza! (ver.11).
Invece, giudicando il fratello, non si osserva la Legge, ma si giudica la Legge!
Il ver.12 rivendica che “Uno solo è il legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina”.
La nostra salvezza è intimamente collegata a questo potere di giudizio che è solo di Dio! E Dio ci ha donato la Legge per salvarci!
Mi sembra che dunque l‘accusa di Giacomo intenda affermare e sottolineare che nessuno può erigersi a giudice e ad accusatore del fratello!
Questa tracotanza orgogliosa nei confronti della Legge di Dio diventa, ai vers.13-15, superbia della vita.
La nostra vita è nelle mani di Dio! La tesi affascinante è che tutta la nostra vita sia dono del Signore e nostra obbedienza a Lui!
E questa è la possibilità meravigliosa contrapposta alla pretesa assurda di essere noi i conduttori della nostra esistenza.
Non penso che si debba qui pensare solo alla categoria degli imprenditori e dei commercianti, ma veramente a tutti noi.
E io, certamente, a partire da me! Il mio fratello Francesco mi dice che posso salvarmi se bado all’ultimo versetto del nostro testo! Quello che dice: “Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato” (ver.17).
Chiediamo tutti al Signore la grazia di “non sapere”. E’ necessario che sia Lui a dirci di fare.
E noi dobbiamo avere sempre un lumino di speranza sul nostro obbedire a Lui e non essere ingannati dalla nostra presunzione.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
In che senso “chi dice male del fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge”? Tra le varie spiegazioni, mi sembra bella e semplificatrice quella che ho visto in alcune note: è un’offesa alla “legge regale della carità”, come Giacomo l’ha definita in precedenza. E – come dice Giovanni – il fine della Legge, della Parola del Signore è la nostra comune salvezza. – Anche il v. 13 ci fa preoccupare, poiché siamo tutti abituati a programmare il futuro, a porci obiettivi che si realizzeranno col tempo… Lo possiamo fare – io credo -, con la consapevolezza di non sapere “quale sarà domani la nostra vita” e che essa è come vapore, come un fumo che si dissolve. I nostri vecchi usavano ripetere spesso le parole di Giacomo: “Se il Signore vorrà…”; possiamo recuperare anche noi questo modo di pensare, pur senza usare necessariamente l’antica formula.