7 Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana, 8 ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. 9 Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. 10 E` dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev`essere così, fratelli miei! 11 Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? 12 Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.
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Giacomo a questo punto sembra rassegnarsi al carattere indomabile della lingua dell’uomo. Capace di domare ogni sorta di animali, la natura umana non è capace di domare la lingua (vers.7-8): un male indomabile, “pieno di veleno mortifero”(così la versione latina).
Possiamo rimanere stupiti di affermazioni così radicali e drammatiche. Ma il ver.9 rivela che tale esperienza negativa è propria del credente! Forse chi non lo è, è anche meno esposto a questa constatazione spaventosa:”con la lingua benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio”! La fede, proclamando e donando la vita nuova, in assoluta contraddizione con la vecchia natura ferita, pone questa contraddizione negativa nell’intimo dell’esperienza del credente. Così il male della lingua, affermato come indomabile, si svela d’altra parte come insopportabile, assolutamente inaccettabile:”Non dev’essere così fratelli miei!”(ver.10). C’è in questa affermazione di Giacomo un’eco chiara del duplice comandamento dell’Amore, e dell’impossibilità di contraddire un nostro preteso amore verso Dio con il nostro non amore verso il fratello.
Le immagini suggestive dei vers.11-12 confermano efficacemente l’affermazione: la sorgente da cui sgorgherebbe acqua dolce e acqua amara; il fico che produce olive e la vite che produce fichi; la sorgente salata da cui sgorga acqua dolce. Come se ne esce? La domanda resta sospesa a questo punto. Ci accontentiamo quindi di dire che che la nostra esperienza modestissima di ascolto della Parola di Dio ci conduce a notare che tale vicenda di fede porta con sè una nota “pasquale”: l’ascolto della Parola di Dio, come morte delle nostre parole cattive. Come passaggio dalla schiavitù delle nostre parole cattive e mortifere alla Parola della vita che il Signore fa scendere nel nostro cuore e nella nostra esistenza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“La lingua nessun uomo la può domare” (v.8). Così spiega S. Agostino, citato dal card. Lercaro: “Non dice: nessuno può domarla, ma ‘nessun uomo’; e così, quand’ella sia domata, intendiamo che è per la misericordia di Dio, col suo aiuto, colla sua grazia”. –
Come possiamo esprimere con le stesse labbra la lode e la benedizione di Dio che è Padre, e la maledizione-maldicenza degli uomini che ne riflettono l’immagine? Dalla stessa bocca salirebbero a Dio la lode e l’insulto…
E conclude il nostro cardinale: “E’ mostruoso e indegno dell’uomo questo procedere che non trova riscontro nella natura: ‘Non va fatto così, fratelli miei!'”… Togliete dalle vostre labbra l’iniquità, frenate la vostra lingua e la preghiera ne salirà al trono dell’Altissimo come profumo soavissimo di buon incenso.