12 Siate come me, ve ne prego, poiché anch’io sono stato come voi, fratelli. Non mi avete offeso in nulla 13 Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; 14 e quella che nella mia carne era per voi una prova non l’avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. 15 Dove sono dunque le vostre felicitazioni? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli. 16 Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 17 Costoro si danno premura per voi, ma non onestamente; vogliono mettervi fuori, perché mostriate zelo per loro. 18 E’ bello invece essere circondati di premure nel bene sempre e non solo quando io mi trovo presso di voi, 19 figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi! 20 Vorrei essere vicino a voi in questo momento e poter cambiare il tono della mia voce, perché non so cosa fare a vostro riguardo.
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Paolo ricorda ai Galati che egli si è fatto come loro. In 1Corinti 9,19-23 egli dice:”…mi sono fatto servo di tutti..mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge….mi sono fatto debole con i deboli..”. Ora egli domanda che siano loro a essere come lui, a camminare nella sua stessa strada della fede, a mantenersi fedeli a quanto da lui hanno ricevuto. E in questo stesso ver.12 si preoccupa di precisare che in nulla lo hanno offeso. Non si tratta cioè del rapporto con lui, ma della loro fedeltà a quello che da lui hanno ricevuto.
Nelle Parole che oggi ascoltiamo dal Signore mi sembra molto forte l’intreccio tra l’insegnamento dell’Apostolo e il coinvolgimento, in questo, della sua persona, come di coloro che l’hanno ricevuto e ascoltato. La memoria di quello che hanno insieme vissuto diventa in questo modo, ai vers.13-14, la conferma più diretta e profonda dell’annuncio della fede dato da lui. La fede infatti non è solo una dottrina, ma è soprattutto un evento, un’esperienza, una storia nuova che Dio dona. Paolo ricorda come sia stato prezioso anche il fatto che il suo annuncio sia avvenuto in concomitanza di una sua malattia. Questo fatto ha reso ancora più forte la sua testimonianza, perchè la debolezza della sua persona ha reso presente tra loro non solo l’angelo della Parola, ma lo stesso Cristo Gesù nella potenza della sua passione. Mi sembra cioè che Paolo voglia collegare la sua debolezza per la malattia con la debolezza della Croce del Signore. I Galati non si sono scandalizzati di tale debolezza, ma anzi ne hanno colto un segno e una conferma di quanto da lui ricevevano.
Ora però tutto si è rattristato:”Dove sono dunque le vostre manifestazioni di gioia?”, così è reso al ver.15 nella versione corretta del testo secondo la nuova edizione della Bibbia che, ricordiamo, da questa prima Domenica di Avvento adottiamo nella nostra preghiera. Paolo ricorda di essere stato accolto con straordinario affetto:”..vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli”. E al ver.16 si chiede con sgomento come mai ora egli è diventato loro nemico per aver detto la verità. In realtà, chi si è insinuato tra loro con false dottrine di rigorismo giudaico, li vuole strappare dalla comunità e dalla comunione con l’Apostolo, per asservirli a sè:”..vogliono mettervi fuori, perchè mostriate zelo per loro”(ver.17).
Al ver.18 Paolo auspica che i Galati abbiano ora verso di lui, assente e lontano, gli stessi sentimenti che egli ha sperimentato in loro quando era presente. E al ver.19, chiamandoli, alla lettera, “figliolini miei”, afferma di generarli di nuovo nel dolore, come ha fatto quando ha annunciato loro il Vangelo. Paolo assume per sè l’immagine della maternità e del parto nel dolore, un dolore del parto che continua “finchè non sia formato Cristo in voi”. C’è dunque una paternità dell’Apostolo nell’autorevolezza e nella certezza del suo insegnamento, e c’è in lui, altrettanto necessaria, la tenerezza dolorosa della madre che li ha generati, e continua a generarli.
Nell’ultimo versetto del nostro brano Paolo rivela la sospensione angosciata del suo animo – “non so cosa fare a vostro riguardo” – ed esprime il suo nostalgico desiderio di essere tra loro “in questo momento e poter cambiare il tono della mia voce”. Ammiriamo come sia sublime la potenza della Parola di Dio che accoglie in sé, e santifica, anche la fragilità e la pena dei sentimenti, e della fatica che tali sentimenti inevitabilmente generano nel nostro cuore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ecco una pagina piena di sentimenti forti, di emozioni viscerali. Paolo ricorda la sua malattia: non sappiamo di cosa si trattasse; qualcuno, basandosi sul cenno al “cavarsi gli occhi” del v.15, pensa possa essere stata una infermità della vista. Perché questa malattia è stata per i Galati una prova (v. 14)? Non siamo in grado di dirlo; comunque essi non mostrarono allora né disprezzo, né ribrezzo per il malato; anzi, lo accolsero “come un angelo di Dio”, un inviato prezioso e amato! Paolo, da parte sua, non è dammeno: non sopporterebbe di essere separato da loro; li chiama con tenerezza “figlioli miei” e vuole continuare a generarli “finché Cristo non sia formato in loro”. – Ci fa bene tanta umanità, in un momento in cui abbiamo assistito ad una nuova esplosione di violenza fratricida, di sofferenza e di morte.