1 Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; 2 ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. 3 Così anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. 4 Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5 per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. 6 E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! 7 Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
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Il Signore continua a farci camminare nella meraviglia della Lettera ai Galati, che sempre più si manifesta come il grande documento della vita nuova che Dio ha preparato per l’umanità. Di tale via Israele è stato la grande preparazione e la grande profezia. Mai saremo abbastanza riconoscenti e affettuosamente vicini ai questi nostri fratelli e padri. Sento il bisogno di dire questo, perchè capisco a quale travaglio essi siano sottoposti dallo splendore, che oserei dire eccessivo, dell’irrompere del Figlio di Dio nella storia. D’altra parte, noi cristiani siamo ben consapevoli di questo “travaglio del parto”, perchè anche noi – e così sarà sino alla fine dei tempi! – siamo partecipi di questa fatica. In fondo la vera “fatica” della fede è portare-sopportare la bellezza di Dio e l’onda prepotente della vita nuova che Egli è venuto a donare a tutta l’umanità. Quando ci lamentiamo con noi stessi – o magari con i nostri capi! – per la debolezza della nostra testimonianza di fede e di amore, non possiamo dimenticare che il dono di Dio ci carica di una responsabilità di libertà e di amore che fatichiamo a portare. Scusate lo sproloquio, ma desideravo farvi partecipi delle mie lamentele nei confronti dell’Altissimo, per come è sempre “esagerato” nel suo dono. “Troppa grazia, S.Antonio” si diceva al mio paese.
Dunque, ritorniamo al nostro testo. All’esempio del pedagogo dei versetti precedenti, Paolo aggiunge quello dei bambini-schiavi. Per i vers.1-3 siamo noi questi bambini, e più precisamente lo sono i nostri fratelli ebrei, che direttamente hanno conosciuto l’elezione divina e quindi la necessità di crescere verso la pienezza di tale elezione. L’erede di tutto, finchè è fanciullo, non differisce dallo schiavo perchè dipende da “tutori e amministratori”: questi sono gli “elementi del mondo”. Ricordiamo rapidamente che Paolo ci diceva che la Legge mosaica era stata promulgata da angeli. Angeli di Dio,sì. Ma non Dio stesso. E questi Angeli sono ancora interni, sempre secondo l’Apostolo, al regime del mondo, e cioè alla soggezione a quegli “elementi” che lo dominano: il tempo e lo spazio, la vita e la morte, la tensione tra la sessualità maschile e quella femminile, e quindi, più generalmente, il rapporto teso tra uomo e donna; l’istinto del potere e l’asservimento a tanti idoli…La Legge portava ad un freno e ad una “regolamentazione” di quella condizione primordiale, ma non liberava da essa.
“La pienezza del tempo” di cui dice il ver.4 è quello stabilito dal Padre (di cui era immagine quel padre terreno che al ver.2 stabiliva l’età adulta del figlio), per mandare il suo Figlio. Questo Figlio il Padre lo immerge completamente nella storia umana con il compito di liberare tale storia dalla sua condizione servile. “Nato da donna” del ver.4 dice l’inabissamento del Figlio di Dio nella vicenda umana, la meraviglia del suo precipitare nella nostra storia con le sue ferite e le sue contraddizioni. Questo Figlio nato da donna, nasce sotto la Legge, cioè sotto il dominio della grande economia che Dio ha affidato al suo popolo per custodire la speranza e l’attesa del Messia liberatore e Salvatore dell’intera umanità. E questo è il progetto: liberare dalla condizione servile per donare l’adozione figliale!(ver.5).
L’invito che la Parola di Dio oggi ci rivolge è quello di prendere atto della presenza in noi dello Spirito del Figlio di Dio, e del suo incessante grido:”Abbà, Padre”, o forse, più fedelmente alla lettera:”Papà!”. La mia esperienza di questo “grido” è che il gridare può esprimere di volta in volta la lontananza o la vicinanza, la paura o la gioia, la disperazione o la pace, il pianto o la gioia…Questo grido continuo a sentirlo anche dal cuore e dalla vita di molti miei amici e amiche che non pensano di avere riferimenti di fede, ma che lo Spirito del Signore ha già visitato e …invaso. A loro io non dico niente, se non ad un certo punto qualche accenno scherzoso. Penso sia il Padre eterno a dover fare questa parte…ma non ci siamo ancora del tutto messi d’accordo.
Non ci deve stupire il fatto che il ver.7, annunciando la condizione di liberi liberati dalla schiavitù, liberi perchè figli, sembri un annuncio e non solo un’esperienza. L’opera di Dio, come sappiamo, precede sempre la nostra consapevolezza. Ricordiamo S.Agostino che dice che con il Battesimo siamo diventati figli, e che poi passiamo tutta la vita ….a diventare quello che siamo.
Dio ti benedica. e tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“Fino al tempo stabilito dal padre”: ci informano le note (ad es. la TOB) che, secondo una norma del diritto ellenistico, i padri determinavano il momento in cui il figlio sarebbe entrato nell’età adulta. Ecco perché Paolo dice che il fanciullo dipende da amministratori e tutori fino al momento deciso dal padre. Analogamente, il nostro Padre ha deciso, ad un certo punto della storia, che non aspettava oltre per farci passare dalla dipendenza-schiavitù degli elementi del mondo alla piena libertà dei figli. Abbiamo così ricevuto l’adozione filiale. Anche su questa espressione può far luce la storia. L’adozione, infatti, non era, nel mondo antico, quella pur bella realtà che si pratica nella nostra società: era ancora di più. Permettetemi di ricordare il film “Il gladiatore”, riproposto in TV pochi giorni fa: l’imperatore sceglie un suo valente generale (di famiglia ispanica!) per farne l’erede al trono, a proseguire e completare la sua opera; non sceglie il figlio, deludendone totalmente le aspettative. Ecco cos’è l’adozione filiale: la scelta che il Padre fa di noi, perché gli siamo associati nell’opera della creazione e della salvezza; stretti collaboratori ed eredi di tutte le sue cose!