8 Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, 9 in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. 10 Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, 11 lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. 12 Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
2 Commenti
Giovanni Nicolini
il 3 Maggio 2010 alle 20:28
Siamo davanti a un capolavoro della sapienza e della carità! Mi sembra che l’elemento di maggior rilievo dei vers.8-9 sia la chiara affermazione dell’autorevolezza superiore della carità rispetto ad un semplice ricorso all’autorità. Autorità che si pone essa stessa ad un livello altissimo, perchè non è autorità giuridica, ma spirituale. Eppure la rinuncia ad essa per ricorrere alla forza dell’amore dice con grande efficacia come nel mistero cristiano e quindi nella vita dei cristiani il vincolo supremo, la norma interiore più capace di esprimersi anche esteriormente è l’amore! L’autorevolezza di Paolo viene ulteriormente confermata e accresciuta dalla sua autopresentazione come “vecchio” e “ora anche prigioniero di Cristo Gesù”. Per l’attribuzione di vecchiaia, so che molti di voi sorrideranno ironicamente per come io ne faccia volentieri uso, pur non avendone forse tutto il diritto. Paolo, certamente molto più giovane di me, lo usa in piena legittimità! Ed è molto interessante la ripresa del termine “prigioniero”, che abbiamo incontrato al ver.1, e come allora precisato con l’affermazione che egli è prigioniero “di Cristo Gesù”. E’ assolutamente preferibile questa versione letterale rispetto all’ipotesi “prigioniero per Cristo Gesù”. E’ vero che è prigioniero “per” Gesù, ma lo è perchè, in modo sublime, Paolo è “prigioniero di Gesù”: assoluta libertà da ogni altro vincolo per una vita tutta dedicata e offerta al Signore. Certo, non sarebbe prigioniero degli uomini, se non fosse “prigioniero” di Gesù! Tutto l’argomentare di Paolo è compatto anche in quello che segue, quando di Onesimo dice di averlo “generato nelle catene”, dove l’essere prigioniero dell’Apostolo diventa elemento di rilievo nel suo generare Onesimo, schiavo, alla libertà cristiana! Qui allora è proprio vero che il prigioniero di Cristo lo è anche per la liberazione di Onesimo. Onesimo porta un nome che significa “Utile”, e che le note della bibbia dicono diffuso come nome di uno schiavo. Ma Onesimo è stato “inutile” per Filemone, perchè è scappato. Si potrebbe forse dire che, scappato da Filemone, Onesimo è caduto nella mirabile “trappola” di Paolo, cioè nell’incontro con la libertà cristiana, alla quale Paolo, in catene, lo ha generato. Per tutto questo, l’ “inutile”, ora è “utile” sia a Onesimo sia a Paolo. Povero Onesimo! Una bella cattura! Non solo ci ha rimesso lo schiavo – e notate che manca ogni forma di rivendicazione socio-politica, insignificante per l’epoca dove la schiavitù è forma della struttura sociale! – ma adesso lo deve anche accogliere. A parte gli scherzi, la meraviglia sta in questa splendente “novità” della persona e della condizione di chi era schiavo fuggitivo, e ora ritorna al suo antico padrone per concessione di Paolo. Di questo Paolo Onesimo è “le viscere”, ” il cuore”! E anche Onesimo ha un compito delicato e non facile, perchè la fede lo costringe ora non a lasciare tutto il suo passato, ma a viverlo alla luce della novità cristiana nella quale è entrato. Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
mapanda
il 4 Maggio 2010 alle 06:50
E’ molto bella questa rivendicazione di paternità di Paolo. Pur trovandosi lui prigioniero, la parola di Dio non è incatenata, ed è quindi capace di generare anche nelle catene. Ricorda le parole ai Corinti: “potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo” (1Cor 4:15). E come dice Giacomo: “egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature”, la generazione di cui oggi Paolo parla è per essere nuove creature e per iniziare rapporti nuovi: essendo tutti figli di uno stesso padre. E perciò Paolo ha anche l’autorità di comandare a Filemone, ma preferisce esortarlo per la carità, ad accogliere Onesimo come fratello amato. Paolo, essendo apostolo, avrebbe l’autorità di ordinare a Filemone ciò che deve fare, usando dell’autorità ricevuta da Gesù, il quale parlava con verità e autorità, essendo Figlio di Dio. Però Paolo supplica per amore. Anche questo è un verbo che si addice a Dio, come leggiamo anche in questi giorni nei capp. del libro della sapienza, p. es. 11:21-23: “Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi potrà opporsi al potere del tuo braccio? … Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi”. Paolo non usa della sua autorità, perché non vuole fare da padrone della fede dei fratelli ma essere “i collaboratori della loro gioia, perché nella fede sono già saldi” (vedi 2 Cor 1:24). Accanto all’anziano Paolo, alla sua paternità e alla sua autorità, si nota l’amore di Paolo per il giovane Onesimo: richiama l’amore di Giacobbe per il giovane Beniamino, il figlio prediletto della sua vecchiaia. Paolo genera, mentre si trova in condizioni che umanamente sono ritenute incapaci di generare: è anziano e soffre, essendo in carcere. Ma nella fede è possibile generare anche in queste due condizioni, anzi i cristiani possono generare soprattutto in queste due condizioni. Paolo scrivendo ai Filippesi ricorda loro come li ha generati nella sofferenza. E a Timoteo, come abbiamo ricordato, dice che pur avendo lui sofferto molto in carcere e al momento del processo, abbandonato da tutti, però la parola di Dio non è incatenata, ma è libera e capace di generare. E in queste sofferenze Paolo è discepolo del Signore il quale ci ha generati per Dio proprio attraverso la sua Passione e morte. E si vede qui – oltre che la paternità di Paolo – anche la sua maternità: Paolo genera, e le sue catene sono come il grembo fecondo per Cristo. Un giorno Onesimo “fu inutile” a Filemone: perché? Forse vuol dire che prima aveva disprezzato il suo padrone. Questo è in realtà ciò che deve dire di sé uno schiavo, dopo aver fatto tutto ciò che il suo padrone gli ha chiesto: “Siamo servi inutili!” (Lc 17:10). Era servo “inutile” mentre faceva il suo lavoro. Ora è “utile” a tutti, a Paolo e a Filemone, e ai fratelli. E’ “il cuore” di Paolo (v.12), utile, per essere anche lui, con loro, “collaboratore della gioia dei fratelli”. C’è un cambiamento possibile nella condizione di Onesimo, da inutile a utile: così anche molte volte per i nostri figli, naturali e spirituali: quando andiamo verso l’anzianità, e abbiamo più bisogno di aiuto, li accogliamo tutti come presenze “utili” per la nostra vita.
Siamo davanti a un capolavoro della sapienza e della carità! Mi sembra che l’elemento di maggior rilievo dei vers.8-9 sia la chiara affermazione dell’autorevolezza superiore della carità rispetto ad un semplice ricorso all’autorità. Autorità che si pone essa stessa ad un livello altissimo, perchè non è autorità giuridica, ma spirituale. Eppure la rinuncia ad essa per ricorrere alla forza dell’amore dice con grande efficacia come nel mistero cristiano e quindi nella vita dei cristiani il vincolo supremo, la norma interiore più capace di esprimersi anche esteriormente è l’amore!
L’autorevolezza di Paolo viene ulteriormente confermata e accresciuta dalla sua autopresentazione come “vecchio” e “ora anche prigioniero di Cristo Gesù”. Per l’attribuzione di vecchiaia, so che molti di voi sorrideranno ironicamente per come io ne faccia volentieri uso, pur non avendone forse tutto il diritto. Paolo, certamente molto più giovane di me, lo usa in piena legittimità! Ed è molto interessante la ripresa del termine “prigioniero”, che abbiamo incontrato al ver.1, e come allora precisato con l’affermazione che egli è prigioniero “di Cristo Gesù”. E’ assolutamente preferibile questa versione letterale rispetto all’ipotesi “prigioniero per Cristo Gesù”. E’ vero che è prigioniero “per” Gesù, ma lo è perchè, in modo sublime, Paolo è “prigioniero di Gesù”: assoluta libertà da ogni altro vincolo per una vita tutta dedicata e offerta al Signore. Certo, non sarebbe prigioniero degli uomini, se non fosse “prigioniero” di Gesù!
Tutto l’argomentare di Paolo è compatto anche in quello che segue, quando di Onesimo dice di averlo “generato nelle catene”, dove l’essere prigioniero dell’Apostolo diventa elemento di rilievo nel suo generare Onesimo, schiavo, alla libertà cristiana! Qui allora è proprio vero che il prigioniero di Cristo lo è anche per la liberazione di Onesimo. Onesimo porta un nome che significa “Utile”, e che le note della bibbia dicono diffuso come nome di uno schiavo. Ma Onesimo è stato “inutile” per Filemone, perchè è scappato. Si potrebbe forse dire che, scappato da Filemone, Onesimo è caduto nella mirabile “trappola” di Paolo, cioè nell’incontro con la libertà cristiana, alla quale Paolo, in catene, lo ha generato.
Per tutto questo, l’ “inutile”, ora è “utile” sia a Onesimo sia a Paolo. Povero Onesimo! Una bella cattura! Non solo ci ha rimesso lo schiavo – e notate che manca ogni forma di rivendicazione socio-politica, insignificante per l’epoca dove la schiavitù è forma della struttura sociale! – ma adesso lo deve anche accogliere. A parte gli scherzi, la meraviglia sta in questa splendente “novità” della persona e della condizione di chi era schiavo fuggitivo, e ora ritorna al suo antico padrone per concessione di Paolo. Di questo Paolo Onesimo è “le viscere”, ” il cuore”! E anche Onesimo ha un compito delicato e non facile, perchè la fede lo costringe ora non a lasciare tutto il suo passato, ma a viverlo alla luce della novità cristiana nella quale è entrato.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ molto bella questa rivendicazione di paternità di Paolo. Pur trovandosi lui prigioniero, la parola di Dio non è incatenata, ed è quindi capace di generare anche nelle catene. Ricorda le parole ai Corinti: “potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo” (1Cor 4:15). E come dice Giacomo: “egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature”, la generazione di cui oggi Paolo parla è per essere nuove creature e per iniziare rapporti nuovi: essendo tutti figli di uno stesso padre. E perciò Paolo ha anche l’autorità di comandare a Filemone, ma preferisce esortarlo per la carità, ad accogliere Onesimo come fratello amato. Paolo, essendo apostolo, avrebbe l’autorità di ordinare a Filemone ciò che deve fare, usando dell’autorità ricevuta da Gesù, il quale parlava con verità e autorità, essendo Figlio di Dio. Però Paolo supplica per amore. Anche questo è un verbo che si addice a Dio, come leggiamo anche in questi giorni nei capp. del libro della sapienza, p. es. 11:21-23: “Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi potrà opporsi al potere del tuo braccio? … Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi”. Paolo non usa della sua autorità, perché non vuole fare da padrone della fede dei fratelli ma essere “i collaboratori della loro gioia, perché nella fede sono già saldi” (vedi 2 Cor 1:24). Accanto all’anziano Paolo, alla sua paternità e alla sua autorità, si nota l’amore di Paolo per il giovane Onesimo: richiama l’amore di Giacobbe per il giovane Beniamino, il figlio prediletto della sua vecchiaia. Paolo genera, mentre si trova in condizioni che umanamente sono ritenute incapaci di generare: è anziano e soffre, essendo in carcere. Ma nella fede è possibile generare anche in queste due condizioni, anzi i cristiani possono generare soprattutto in queste due condizioni. Paolo scrivendo ai Filippesi ricorda loro come li ha generati nella sofferenza. E a Timoteo, come abbiamo ricordato, dice che pur avendo lui sofferto molto in carcere e al momento del processo, abbandonato da tutti, però la parola di Dio non è incatenata, ma è libera e capace di generare. E in queste sofferenze Paolo è discepolo del Signore il quale ci ha generati per Dio proprio attraverso la sua Passione e morte. E si vede qui – oltre che la paternità di Paolo – anche la sua maternità: Paolo genera, e le sue catene sono come il grembo fecondo per Cristo. Un giorno Onesimo “fu inutile” a Filemone: perché? Forse vuol dire che prima aveva disprezzato il suo padrone. Questo è in realtà ciò che deve dire di sé uno schiavo, dopo aver fatto tutto ciò che il suo padrone gli ha chiesto: “Siamo servi inutili!” (Lc 17:10). Era servo “inutile” mentre faceva il suo lavoro. Ora è “utile” a tutti, a Paolo e a Filemone, e ai fratelli. E’ “il cuore” di Paolo (v.12), utile, per essere anche lui, con loro, “collaboratore della gioia dei fratelli”. C’è un cambiamento possibile nella condizione di Onesimo, da inutile a utile: così anche molte volte per i nostri figli, naturali e spirituali: quando andiamo verso l’anzianità, e abbiamo più bisogno di aiuto, li accogliamo tutti come presenze “utili” per la nostra vita.