Aveva una vita ne ha donate sette"Mi avevano assicurata che mio figlio, dopo una lunga agonia in seguito a un incidente della strada, era morto, e che quindi si poteva fare tesoro della sua giovane vita con il trapianto dei suoi occhi per un’altra vita infelice…." "Sono pieno di angoscia e di paura perchè ho sempre pensato come un onore aver donato organi del mio bambino per altri bambini e oggi mi chiedo se ho permesso la fine del mio bambino…." "Sento questa notizia come un tradimento. Se non siete sicuri delle cose, non dite niente…" e così molti altri messaggi di angoscia e anche di rabbia.

Non si poteva prevedere che l’apertura del discorso sui delicati problemi della vita e della morte avrebbe avuto un seguito tanto importante per la diffusione di un improvvido articolo dell’Osservatore Romano sul problema del riconoscimento della morte di una persona attraverso la constatazione della sua "morte cerebrale". Per noi anziani era già stato un grande evento l’affermazione che il cessare del battito cardiaco non fosse sufficente per dire della fine dell’esistenza terrena. Già da tempo si sentiva dire del dubbio che anche su questa "morte cerebrale" bisognava ammettere. Ma quello che mi impressiona profondamente è la reazione di molti che mi hanno scritto perchè la donazione di organi praticata sulla persona di loro cari appunto dichiarati morti, ora ritorna a loro come dubbio doloroso e angosciante circa quello che potrebbe essere da loro percepito non come la donazione di possibilità di vita nuova ad altri infelici, ma come la violenza praticata su una persona non morta, viva. Preferisco tentare una risposta collettiva a questi molti messaggi dolorosi, chiedendo, supplicando, di non perdere la pace. Ricordo un manifesto visto di sfuggita l’altro ieri all’ospedale , l’immagine di un ragazzetto e il messaggio di una vita non perduta, ma fiorita nel dono fatto ad altre sette (!!) vite con l’offerta di organi per vivere, e per vivere bene. Certo, una domanda è inevitabile. Come possiamo pensare di consegnare il giudizio morale cristiano ad una ricerca scientifica che, con tutte le sue pretese di verità, si è secolarmente mostrata così fragile, così passeggera? Fatti, o incidenti, come questi, non possono non renderci più pensosi. E anche, e soprattutto, più umili. L’invito a maggiore riservatezza, a maggiore discrezione, sembra oggi di grande rilevanza sapienziale. Si vede bene che la sicurezza dei pronunciamenti può permettersi di essere audace solo quando dice "no!". Forse, prima di dire tanti "no", potrebbe essere prezioso tacere. E pregare. E riflettere. Una cosa è evidente: che non abbiamo una cultura e soprattutto una sapienza adeguata al nostro progresso scientifico e tecnico. Siamo quindi esposti al rischio che il nostro stesso progresso non siamo capaci di usarlo sapientemente. E sia purtroppo facile che tale presunto progresso usi noi. Proviamo a camminare con umiltà e pace, sapendo che la Verità nessuno ce l’ha in tasca, ma che tutti stiamo camminando, condotti dallo Spirito, alla Verità tutta intera. Buona Domenica. d.Giovanni.