32 E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. 33 Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. 34 Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. 35 Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore.36 A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. 37 Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. 38 E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». 39 Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fece uno sguardo di privilegio Dio voglia porlo sulla “malattia”ro incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. 40 Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. 41 Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva.42 La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore. 43 Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone, conciatore di pelli.
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Siamo entrati in un cammino del nostro Libro dove si afferma la dilatazione dell’orizzonte della fede a dimensioni universali. Nell’antica “elezione” di Israele era custodita la profezia del dono di Dio a tutte le genti. Ci possiamo domandare se questa elezione universale porta con sè delle attenzioni privilegiate, delle predilezioni e delle differenze. Il testo di oggi ci aiuta a pensare che Dio posi uno sguardo particolare sulla “malattia” dell’uomo, per liberarlo dal Male e per donargli la vita nuova dei figli di Dio. Questa “prigionìa” riguarda l’intera umanità. La malattia non ha qualificazioni specifiche: è malattia fisica ma è soprattutto malattia morale. Ogni condizione schiavizzante deve essere rimossa.
Le due vicende di Enea e di Tabità ci portano, per il loro contenuto, per le modalità, per gli esiti e addirittura per la similitudine dei termini, ai miracoli di Gesù nella memoria evangelica. Siamo forse davanti ad una affascinante “ingenuità letteraria” per la quale il Signore vuole farci capire molto concretamente che l’opera compiuta da Gesù di Nazaret continua ora, per il dono del suo Spirito, nella vita e nelle opere della comunità dei credenti. Il soggetto è ora la “Chiesa”. Oggi è Pietro a svelare come il Signore non abbia abbandonato i suoi discepoli e i suoi fratelli e in loro e con loro continui ad essere presente nella storia dell’umanità, fino alla fine dei tempi e fino ai confini della terra.
Come già più volte abbiamo detto, la Pasqua di Gesù è l’evento che più profondamente interpreta la vicenda umana. Il dono di Dio è proprio la grazia di entrare nella Pasqua di Gesù. Così, ecco Enea che “giaceva su una barella” da otto anni, al quale Pietro ordina di “alzarsi”; ed egli si alza! E il verbo usato è proprio quello del “risorgere”, perchè questa è ora la “pasqua” dell’uomo paralitico.
E davanti alla morte di Tabità è Pietro per primo che, al ver.39 viene descritto con lo stesso verbo della risurrezione nel suo “alzarsi” per avvicinare l’evento di morte della donna. Ed è lui a dire a Tabità:”Alzati”(“risorgi”). Forse proprio questa è la ragione e l’intenzione più profonda che induce Luca a far seguire gli Atti degli Apostoli al sua Vangelo! La Chiesa ha il compito sublime e supremo di essere il segno efficace del suo Signore e Sposo, della suo desiderio di donare la vita divina nella Paternità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le donne della terra. Per questo il compito della Chiesa è interamente assimilato alla persona, all’insegnamento e all’opera di Gesù, che è venuto non per giudicare ma per salvare.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Ecco che, come Gesù aveva annunciato, i discepoli fanno le stesse opere del loro Signore e ne possono fare “di più grandi”! Non si tratta, certo, di far rivivere un morto o di far vedere un cieco…, ma comunicare vita sì, attraverso un amore generoso e fedele; o “aprire gli occhi” sulla verità di Dio, innamorato degli uomini, e sulla verità dell’uomo. – Due piccoli particolari: attorno a Tabità, ci sono tutte le vedove; insieme agli orfani, rappresentano la categoria degli ultimi della società, i più miseri, indifesi… (se non da Dio). Pietro, a sua volta, va ospite da un conciatore di pelli: uno dei mestieri più “impuri”, per la legislazione ebraica, a causa del contatto continuo con carne e sangue di animali morti. Ma Pietro va proprio lì…
Il testo ha delle evidenti somiglianze con le narrazioni evangeliche, specie la guarigione del paralitico e la resurrezione della figlia di Giairo. Peraltro la seconda parte del testo e in particolare il v. 40 ricordano la resurrezione del figlio della vedova e del figlio della Sunnamita da parte rispettivamente di Elia e di Eliseo. Nel caso di Enea non vi alcuna richiesta di guarigione, a segnalare l’assoluta gratuità del bene che il Signore stesso ci fa, come Pietro stesso si premura di annunciare. Nel testo di oggi ritorna molte volte il verbo della resurrezione. Quanto descritto è il mistero della resurrezione che si fa presenta nella vita dei credenti e delle comunità. Anche la parola “avvenne” ritorna più volte. Vi è una serie di eventi, guidati dal Signore. Così è in realtà la nostra vita. Vale la pena di ricordare la fine del Vangelo della festa di ieri dell’Ascensione: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano. La richiesta degli inviati di Giaffa, non indugiare, non esitare a venire, e la relativa condiscendenza di Pietro che subito si mette in viaggio, si può unire al testo precedente in cui subito Saulo proclama Gesù figlio di Dio. Inoltre si può considerare anche una preparazione alla ben più impegnativa richiesta che Pietro riceverà domani da parte degli inviati di Cornelio. Così pure il fatto che Pietro va a far visita a tutti avrà appunto quella estensione imprevista; e forse in un certo modo è già avvicinamento seppure inconsapevole a Cornelio e a quanti egli rappresenta. E’ piuttosto strano l’ordine che Pietro dà a Enea, e che l’italiano traduce rifatti il letto. Può essere accostato a quanto aveva detto Gesù al paralitico, prendi il tuo lettuccio…Il verbo qui usato è quello che nel Vangelo dell’entrata di Gesù a Gerusalemme indica lo stendere da parte della folla i mantelli e i rami per il passaggio del Signore. Forse nel testo di oggi vuole indicare che ora Enea può non per costrizione ma liberamente offrire il sacrificio di lode della sua vita al Signore che lo ha guarito.