8 C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. 9 Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, 10 disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. 11 La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio: «Gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!». 12 E chiamavano Bàrnaba «Zeus» e Paolo «Hermes», perché era lui a parlare.
13 Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. 14 Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: 15 «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. 16 Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; 17 ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori». 18 E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.
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Non sento oggi molto importante seguire minuziosamente il testo, quanto coglierlo nella sua straordinaria importanza come condizione dell’uomo e istinto della sua natura. Quello che mi sembra importante osservare con attenzione non è tanto il miracolo compiuto da Paolo, quanto la reazione della gente e la “correzione” che Paolo porta all’interpretazione dell’accaduto.
Di fronte a quanto è accaduto la reazione è quella di individuare in Paolo e Barnaba due divinità. Questo ci aiuta a ricordare che le “religioni” sono sempre in qualche modo delle vie, dei metodi, delle discipline ,per la “divinizzazione dell’uomo”. I “santi” sono sempre dei superuomini, fino ad una certa “disumanizzazione” della loro realtà, appunto perchè non sono uomini come gli altri ma esseri speciali e superiori.
Ma questo è in antitesi assoluta con il mistero del Dio di Israele e del Cristo del Signore! Scelgo una prima affermazione molto rozza dicendo che non si tratta di una “divinizzazione dell’uomo”, ma se mai di una “umanizzazione di Dio”, o più semplicemente, si tratta dell’Amore di Dio per gli uomini! Ciò che è accaduto non è una manifestazione di un supposto super-potere di qualche persona speciale, ma dell’intervento amante del Signore nella storia ferita dell’umanità. In questo senso è molto importante l’affermazione di Paolo:”Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi,…”. Questo è propriamente quello che distingue la fede ebraico-cristiana da ogni altra forma di “religiosità” mondana. Ed è quello che mi sembra bisognerebbe osservare con vigilanza scrupolosa perchè anche il cristianesimo è assediato dal pericolo dei super-men, che tali sono o per speciali facoltà e situazioni psicofisiche, o per esempi eroici e sovrumani di virtù morali.
Mi affascina anche questo primo annunzio, che oserei dire così “laico”, di un Dio che ha permesso che ognuno facesse la sua strada pur accompagnando tutti con la sua speciale benevolenza!(vers.16-17). Ma non è che adesso sia venuta l’ra di un richiamo all’ordine, ma piuttosto è l’ora in cui l’Amore di Dio vuole comunicarsi a tutta l’umanità. Sospetterete che nel mio infantilismo primitivo io sia ancora sotto l’impressione del discorso del Presidente Americano al Cairo. E non mi sento di contraddirvi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
aL V. 10 è segnalato che Paolo dice a gran voce, come che in un qualche modo l’evento sia pubblico, come effettivamente accade. (Strano in questo caso l’accostamento col Vangelo dove Gesù non vuole che il fatto sia divulgato, secondo anche la profezia “Non alzerà il tono, non si udrà..). D’altra parte a questo si coniuga la dichiarazione di Paolo che loro sono uomini mortali, uguali agli altri, e che quindi questa potenza non va ricercata in loro. (Similmente nei passi precedenti riguardanti Pietro. La guarigione del paralitico dalla nascita può essere considerara emblematica per tutte le genti. Esse sono costituzionalmente paralitiche da un punto di vista dell’accesso alla salvezza, e di per sè non potrebbero effettuare quel passaggio, che Paolo dichiara essere buona notizia, dal servire le vanità al Dio vivo. I Licaonesi interpretano però l’evento alla maniera vecchia, all’interno del sistema degli dei e dei sacrifici e di potenze che non sono quella del Vangelo che si manifesta nella debolezza. Paolo dice che Dio ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua via. Questa è la grande differenza tra le genti e il popolo di Israele, che Dio si è andato a cercare con segni…per farlo suo popolo e istruirlo nelle sue vie. E in effetti nella Scrittura si trova la preghiera a Dio che non lasci vagare il suo popolo solo nelle sue vie. Però anche per le genti il Signore ha lasciato delle “tracce” di Lui, nell’universo esterno e anche nello stesso cuore dell’uomo. Insieme a letture forse più severe (Vedi lettera ai Romani, che pure sfocia nella misericordia), si può accostare questa “permissività” di Dio alla parabola del figlio minore, a cui il Padre permette di seguire le sue vie, lontano da casa. Questo Figlio è accompagnato da una traccia profonda della bontà del Padre, di cui verrà a memoria nel tempo opportuno.