47 Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. 48 Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». 49 Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». 50 E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. 51 Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì.
52 Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. 53 Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».
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Mi sembra importante evidenziare come la lotta angosciante dell’orto sia ormai alle spalle e come Gesù conduca con forza la vicenda che subisce, ma che Egli riceve in obbedienza a Dio Padre. Così Egli pone a Giuda la domanda su quello che il traditore sta compiendo con il bacio che dovrebbe esprimere il suo legame di rispetto e di affetto per il maestro. Tale è infatti il “dramma” di Giuda: tradire il Figlio dell’uomo con il segno del suo amore per Lui. Almeno, a me pare che così si possa interpretare il gesto, che qui non appare, come nei paralleli di Matteo e di Marco, essere solo un segno di identificazione.
E’ interessante notare come il segno e la realtà della “spada” continui ad essere presente nei discepoli che pure Egli ha chiaramente ammoniti a ripudiare quella forma di reazione che caratterizza le violenze del mondo. Al ver.51 Gesù ribadisce quello che già aveva intimato al ver.38. E ripara con un miracolo di guarigione il gesto violento dei discepoli.
La vera forza si esprime nella mitezza e nella benignità di Gesù e nelle parole di commento-ammonizione ai suoi aggressori (vers.52-53). Così, mette in evidenza l’assurdità del convenire in gran forza dei “capi” e degli anziani. E la volgarità di un armamento di spade e bastoni contro di Lui come fosse un ladro. Egli in realtà è stato il grande elargitore del dono di Dio – “Ogni giorno ero con voi nel tempio…” – che allora nessuno ha aggredito. Ma essi sono solamente gli strumenti di quel “potere delle tenebre” la cui presenza-potenza agisce in realtà governata dal divino progetto di salvezza. E’ meravigliosa questa potenza della mitezza divina che si rivelerà sempre più come la vera forza che conduce la storia dell’umanità.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Il commento 2007:
https://www.famigliedellavisitazione.it/lc-2247-53.html
In riferimento ai testi che meditiamo in questi giorni, voglio esprimere un dubbio “da eretico”: faccio fatica a rassegnarmi al fatto che Dio, il Padre, abbia voluto la morte del Figlio. E’ vero, anche ieri abbiamo sentito le parole di Gesù: “… non la mia, ma la tua volontà”. Tuttavia, alla luce di altri testi del Nuovo Testamento, possiamo dire che la volontà di Dio è unica, ed è che tutti pervengano alla conoscenza della Verità e alla salvezza. La morte di Gesù è stata voluta dai capi religiosi e politici, come ci mostrano i Vangeli. Naturalmente, tutto rientra nel più alto progetto salvifico di Dio, che noi non siamo in grado di comprendere appieno… se non nel “movente” fondamentale, e cioè un amore e un dono indescrivibili. – Dite che sbaglio del tutto?
Tre monologhi di Giuda tratti da “Rappresentazione della Croce” di Giovanni Raboni.
I
Non ci sono ancora, io, in questa storia,
non come mi vedete.
Mentre Gesù gioca sul pavimento d’una
casa splendente di pulito anche i suoi
futuri compagni giocano da qualche
parte, sulla riva del mare o su quella del
deserto, qualcuno
nel pulito, come lui,
qualcun altro nel fango d’un tugurio.
Sì, tutto è di là da venire – tutto
tranne il mio nome. Ma per il momento è
solo un nome come tutti gli altri, innocente
come la creatura
che ad esso innocentemente risponde.
Dirlo è, credo, superfluo. E se per caso
c’è qualcuno che non l’ha indovinato, tanto
meglio: in un punto infinitesimo della
germinazione del delitto
qualcosa, chissà, potrebbe ancora incepparsi…
Che assurdità! Quello che è scritto è scritto, anzi,
pensando a chi mi sta a sentire:
quello che è letto è letto.
Ma lasciatemi ancora per un poco la
transitoria, illusoria dolcezza
di non averlo fatto.
II
Teneteli a mente, questi tre numeri:
uno, dodici, trenta.
Potreste giocarli al lotto: è un bel terno per tutte le ruote,
compresa quella
del supplizio. L’unico inconveniente
è che io non sono un sogno, sono uno dei
dodici (uno e dodici, appunto) che hanno
lasciato tutto per seguire
il più dolce e terribile degli uomini
e il mio nome, prima, era solo un nome:
Giuda. Sì, Giuda, cosa c’è di strano? io
mi chiamavo Giuda come gli altri
si chiamano Pietro, Giacomo, Andrea,
Bartolomeo, Giovanni… Prima quando?
Domanda legittima. E vi rispondo: prima
che il summit dei gran sacerdoti mi
versasse i denari pattuiti
(trenta: ecco il terzo numero del terno) per
il più inspiegabile e necessario
dei crimini. Ora li ho qui, in questa borsa
oscenamente gonfia e tintinnante,
e aspetto fra le quinte, con il cuore in tumulto di
recitare la mia parte – quella
che mi sono assegnato. Non chiedetemi, vi
prego, perché l’ho fatto. L’ho fatto
perché m’andava di farlo. L’ho fatto per
comprare un campo vicino a casa che
da un bel pezzo mi faceva gola. L’ho fatto
per vedere se ne ero capace. L’ho fatto…
mah, così, tanto per fare.
L’ho fatto perché forse, chi può escluderlo? ho
moglie e figli a carico. L’ho fatto
perché qualcuno doveva pur farlo
e il mio nome è Giuda. Troppe risposte, lo so,
perché una sia anche vera. E allora, se proprio
ci tenete, eccone un’altra, l’ultima, la più
buffa: l’ho fatto per amore.
III
Eh sì, aveva ragione. Come sempre,
Caifa, l’antico Caifa ha visto giusto.
Adesso, ammanettato, schiaffeggiato,
bersagliato di sputi,
il reo confesso viene tradotto davanti a Pilato.
L’incendio che ho appiccato col mio bacio
sta per divampare; sulle mie labbra
si può stendere il silenzio. I denari,
sia detto per inciso, li ho lasciati
sul pavimento del tempio e nessuno,
almeno in mia presenza, li ha raccolti.
Sapete, c’è un vecchio modo di dire per
dire a uno che si tolga di mezzo,
che non si faccia più vedere. Ebbene, io lo dico a
me stesso: Va’ a impiccarti.