10 Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. 12 Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». 13 Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14 C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». 15 Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. 16 Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17 Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
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Inviati ad annunciare il vangelo e a curare i malati (cfr. inizio del c. 9), gli apostoli tornano da Gesù e gli raccontano tutto. Gesù li “prende con sè” e “si ritira” in intimità con loro in un luogo chiamato Betsaida, sulla riva orientale del lago di Galilea: ancora una volta il vangelo mette in evidenza il rapporto forte di comunione tra Gesù e i suoi discepoli, che ha creato una nuova “famiglia” (ricordare 8,21: “mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la fanno”).
Questo rapporto, questa familiarità, non sono però destinati a rimaner chiusi in se stessi, ma ad essere aperti agli altri, funzionali al bene di tanti. Per questo ricompaiono presto le folle, che abbiamo incontrato già diverse volte, come presenza buona attorno al Signore: qui si dice che “seppero e lo seguirono” e che Gesù le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a curarle, senza timore di rovinare il “ritiro” che sembrava intenzionato a fare con i suoi.
Il racconto a qesto punto ci riporta un dibattito tra Gesù e gli apostoli: questi vorrebbero che Gesù “congedasse” (= mandar via) la folla; Gesù invece risponde “Date loro voi stessi da mangiare”, richiamandoli alle loro responsabilità e ai doni da lui ricevuti; loro ancora rispondono facendo presente la scarsità di mezzi a loro disposizione e prospettando l’ipotesi di acquisto dei viveri altrove.
La soluzione che invece Gesù offre è duplice. Prima di tutto dividersi in gruppi di cinquanta: sembra che queste siano le unità minime e sufficienti per poter affrontare i problemi insieme, aiutandosi tutti l’un l’altro. In secondo luogo, il ricorso a Dio: il levare gli occhi al cielo e la preghiera di benedizione sul pane e sui pesci sono i gesti premonitori del gesto che Gesù compirà nell’Ultima Cena.
Ultima nota: avanzano dodici ceste (come nel racconto di Gv 6), segno che c’è ancora tanta gente che attende un ulteriore dilatazione del dono di Dio; ogni cesta è così già pronta perché ciascuno degli apostoli la possa portare fino ai confini della terra.
“Date loro voi stessi da mangiare”, dice Gesù. Dunque, è nostro compito la distribuzione dei beni; non possiamo aspettarcelo solo come dono di Dio, ma dobbiamo darci da fare perchè tutti abbiano da mangiare. E infatti, nei versetti successivi, Gesù non opera una “moltiplicazione” di pani o di pesci: alza gli occi al cielo, benedice il cibo, manda a distribuire… – I pani sono cinque e i pesci sono due: insieme fanno quel “sette” che, nella simbolica ebraica, rappresenta la totalità. I discepoli, quindi, mettono a disposizione tutto quello che hanno, lo considerano inadeguato…, e invece ci sarà sovrabbondanza nella condivisione.