23 Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
24 Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. 25 Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
26 Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi.
27 In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
![Le Famiglie della Visitazione](https://www.famigliedellavisitazione.it/wp/wp-content/uploads/2020/05/logo-famigliedellavisitazione2020-1.png)
Seleziona Pagina
Le parole di oggi sono uno sviluppo di quanto avevamo ascoltato l’altro ieri, cioè il primo annuncio della passione e risurrezione di Gesù: esse ci fanno capire che gli avvenimenti preannunciati dal Signore non riguardano solo lui, ma anche i suoi discepoli, resi partecipi del suo cammino verso la pasqua che dovrà compiersi a Gerusalemme.
Ci sono tre particolarità del racconto di Luca da segnalare:
1) queste parole sono rivolte a tutti, non a una categoria particolare di discepoli (come “consacrati”, “ministri”, ecc…); per esempio, la nostra “piccola regola” oggi parla di povertà e castità come di doni e impegni che riguardano tutti i battezzati, non solo alcuni; forse in quel “tutti” si può anche leggere l’indicazione a vivere tutti insieme e non ognuno per conto suo il mistero della nostra obbedienza alla pasqua di Gesù e così a sostenerci l’un l’altro nel discernimento e nell’attuazione della volontà di Dio su di noi;
2) la croce va presa ogni giorno, come il pane di cui parla il Padre nostro (Lc 11,3) come pure l’insegnamento di Gesù nel tempio (Lc 19,47) e l’assiduità dei primi cristiani alla liturgia della Chiesa di Gerusalemme (At 2,46): se è quotidiano il dono di Dio, se è vero quel “Io sono con voi tutti i giorni” (Mt 28,20), possiamo affrontare con pace il carico quotidiano che ci è affidato;
3) “chi si vergognerà di me e delle mie parole…”: ancora una volta Luca insiste sul dono della Parola, che costituisce un punto di riferimento oggettivo per conoscere chi è quel “me” che è Gesù e che altrimenti rimarrebbe un puro nome, vago e senza contenuti, e per distinguere la volontà e il pensiero di Dio da quelli dell’uomo e così comprendere che cosa voglia dire “rinnegare” se stessi e “perdere” la propria vita. Senza il “controllo” quotidiano esercitato dalla Parola di Dio sulla nostra coscienza correremmo il rischio di pensare di fare la volontà di Dio e invece di fare la nostra.
Mi soffermo su due espressioni che in passato non sono state ben capite e interpretate. In primo luogo il “rinnegare se stessi”: non si intende che dobbiamo “mortificarci”, infliggerci sofferenze e umiliazioni…; si tratta di “negare” la propria ambizione, la volontà di autoaffermazione al di sopra degli altri… Scopriremo poi che, così facendo e dedicando la nostra vita agli altri, ne avremo una ricchezza inaspettata, moltiplicata. La seconda espressione è “prendere la croce”: che bello sapere e credere che il nostro Dio non ci manda croci! La malattia, le ferite di ogni genere, le fatiche di ogni giorno non sono mai croci mandate dal Padre. Si tratta di “prendere, assumere”, con le proprie mani, il nostro cammino, come il condannato prendeva e si caricava del palo trasversale del suo patibolo. Francesco ha spiegato bene come fare a portare, meglio che possiamo, il nostro carico.