18,1 Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2 «C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3 In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4 Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5 poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 6 E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7 E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8 Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
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Ho trovato poco ‘giusta’ la vicenda della vedova e del giudice. La vedova voleva ‘fare giustizia’, ‘vendicarsi, punire’, contro il suo avversario e il giudice decide di assecondarla.
Mi è venuto in mente Gesù condannato dalla folla e Pilato che esegue.
Mi è invece piaciuto il salto nel versetto 7 dalla giustizia degli uomini alla giustizia di Dio. Come una garanzia certa di verità, la giustizia del Signore sostiene il diritto e la causa degli uomini, di tutti gli uomini.
Mi è piaciuto che la vicenda umana fosse raccolta dal versetto 1 con la preghiera incessante e dal versetto 8 con la domanda sulla Fede.
Il grande tema del regno di Dio introdotto e presentato nel cap.17, avrà il suo svolgimento nel cap.18 con la descrizione del rapporto che si stabilisce tra Dio e i discepoli di Gesù, quasi a immagine e imitazione della comunione tra il Padre e il Figlio. Si tratterà di una grande esaltazione della povertà e della piccolezza. Il capitolo che inizia con la parabola di una povera vedova che chiede giustizia terminerà con la figura di un mendicante cieco che invoca gridando la misericordia divina per lui.
La parabola dei vers.1-8 che il solo Luca tra gli evangelisti ricorda è preceduta dal motivo per cui Gesù la narra ai suoi: per insegnare loro la “necessità di pregare sempre, senza stancarsi”(ver.1) dove questa stanchezza non significa una specie di atletismo di resistenza, ma più profondamente quell’esposizione all’amarezza che è tentazione di una preghiera che appare non ascoltata e non esaudita dal Signore. Una stanchezza piena del sospetto dell’inutilità.
L’immagine è molto cruda e per questo è così efficace, in quanto Gesù non esita a paragonare Dio, nella prima parte, al giudice che non teme Dio e non ha riguardo per nessuno. Mi sembra peraltro importante notare che l’atto di giustizia che gli viene chiesto è rilevante perchè non è solo la punizione di un avversario colpevole, ma è la restituzione alla donna di quello che le è stato ingiustamente tolto. Si tratta di una vera richiesta di salvezza, cioè di un’azione che a lei è impossibile e che solo questo giudice può mettere in atto. Il giudice cede all’insistente richiesta della donna per cavarsela d’attorno.
La spiegazione dell’immagine da parte di Gesù non si limita a stabilire una connessione tra la vicenda della donna e l’efficacia della preghiera continua. La domanda retorica del ver.7 porta infatti verso l’affermazione forte del ver.8: Dio “farà loro giustizia prontamente”, dove alla lettera si esprime bene non solo la prontezza della risposta, ma un “subito” che dice l’affrettarsi dei tempi della salvezza.
Tutti i termini entrano in un’enfasi positiva. La preghiera degli “eletti”(un termine che intreccia alla povertà manifestata dalla donna della parabola una nota di privilegio, di un dono particolare) viene esplicitata come un gridare giorno e notte verso di Lui. E’ molto bella questa preghiera che non può essere sospettata di un devozionismo scollato dalla storia, ma è un grido che nasce da essa. E, come dicevamo, “in fretta” Dio esaudirà tale incessante preghiera. In tal modo si sposta anche il significato della preghiera incessante senza stancarsi, che non è più dovuta alla cattiva indifferenza di chi non la vuole ascoltare, e diventa il dialogo appassionato tra Dio e l’uomo, dove quest’ultimo porta incessantemente al Signore tutta la sfida che ad ogni istante sorge dalla problematicità della vicenda umana.
La domanda severa e provocatoria di Gesù al ver.8 identifica mirabilmente quella preghiera incessante con la fede stessa. La fede dunque come il grido che l’uomo impara a rivolgere a Dio, il suo vero compito sacerdotale di gettare il ponte tra il Creatore-Salvatore e la creazione e la storia dell’umanità e del cosmo. Il grido della povertà e della mendicità, e insieme la responsabilità che Dio assegna all’uomo.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Aggiungo una osservazione sul primo versetto. Nella traduzione italiana manca un pronome che rende meno generica l’affermazione di Gesù: “diceva loro una parabola sulla necessità che ESSI pregassero sempre e non si stancassero”. Il Signore si sta rivolgendo ai suoi discepoli. Loro hanno un compito necessario, doveroso di preghiera, notte e giorno, continua. Sono i suoi eletti. Non si devono scoraggiare. Hanno tante cose da chiedere, tante giustizie da implorare, tante infermità da presentare, a nome dei loro fratelli più vicini e a nome di tutta l’umanità. Sono il segno della fede che il Figlio dell’uomo troverà alla sua venuta.
v. 1 “si deve pregare”: la parola usata qui indica spesso un dovere che è nel piano di Dio. Dio “vuole” che noi lo preghiamo. Dio è contento di essere pregato dai suoi figli.
L’ “avversario” della parabola, è forse un modo – poco simpatico, ma pure efficacie – per descrivere il fratello. Almeno così si potrebbe interpretare accostando i vv. di oggi a quanto abbiamo letto nel cap.
12:58 ( e parall. Mt 5:25): “Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada datti da fare per accordarti con lui…”. Lungo il viaggio insieme al fratello. come discepoli di Gesù, verso la Pasqua, il brano di oggi suggerisce un modo per “darsi da fare per accordarsi e riconciliarsi con il fratello”: la preghiera fiduciosa e insistente a Dio.
v. 8 “Troverà la fede sulla terra?” Fede si può intendere oggi come questa perseveranza nell’essere piccoli. Cioè non volere farsi giustizia da sè, credendo che Dio fa giustizia non noi. Fede è credere che non ci si deve vendicare. E ancora è riconoscere Colui che sta per venire: il Figlio dell’Uomo che abbiamo desiderato vedere (17:22). Il suo modo di fare vendetta, e di salvare, è venire a noi. E a noi spetta riconoscere la sua Pasqua e la sua venuta come modo per vendicare.
IL testo di oggi ha molti contatti con il libro dell’Apoc.: il ritorno di Gesù, la sua venuta pronta (“presto”), la supplica dei fedeli: “quando ci farai vendetta?”. La fede è anche custodire le parole del libro: “Io verrò presto. Beato chi custodisce le parole del libro” (Ap 22:7).
Nei capp. della Passione Gesù dirà a Pietro: “Simone, Simone, … io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc22:32). Dunque noi non abbiamo la forza di perseverare in questa fede, se non per la preghiera di Gesù, e confidando in Lui. La nostra preghiera si fonda nella fiducia nella sua preghiera per noi, che è una sola cosa con la sua offerta al Padre.
Come gli apostoli (17:6) anche noi possiamo pregare il Signore che aumenti la nostra fede.
Questa vedova “molesta” (secondo il giudice) mi fa pensare anche alla vedova che mette la sua offerta nel tesoro del tempio: entrambe ci ricordano, pur in forme letterarie diverse, la terribile condizione sociale di queste persone nelle società antiche, prive come erano di ogni elemento di sicurezza e di difesa. La vedova del tempio vittima, addirittura, di un ingiusto sistema di donazioni e offerte in favore della casta sacerdotale. Tornando alla donna della parabola, ecco che il giudice rappresenta, in qualche modo, Dio stesso, che – in quanto re del suo popolo – ha (come i re di un tempo) la responsabilità dei deboli, delle vedove: “difensore degli orfani e delle vedove”, come viene a volte interpellato. – Anche in questo caso, come in altri, Gesù fa un ragionamento “a fortiori”: se voi vi comportate così, quanto più, quanto meglio… potete aspettarvi dal Padre, che vi ama come voi non potete nemmeno immaginare…