35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. 36 Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: 37 “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. 38 Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. Gli risposero: “Lo possiamo”. 39 E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.
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Il Vangelo di Gesù annota un dato molto importante, e cioè la reazione quasi istintiva all’evento della morte. Abbiamo visto che al primo annuncio della Pasqua del Signore, reagisce Pietro con la sua opposizione. Al secondo annuncio segue la discussione tra i discepoli chi sia il più grande tra loro. Nel nostro testo di oggi ecco la domanda dei due figli di Zebedeo. Si tratta dunque di un istintivo esorcismo.E’ però un modo pericoloso di reagire, e soprattutto contrario all’intenzione più profonda del Signore, come cercheremo di mostrare.
La domanda di Giacomo e Giovanni al ver.35 esprime l’esigenza di un’assicurazione immediata per un evento posticipato. Il bisogno di sapere adesso con certezza il luminoso premio fissato alla fine, mostra con ironica evidenza che quello che “adesso” si tratta di vivere e di accogliere non solo è privo di elementi meritevoli di interesse e di impegno, ma addirittura si tratta di un “male inevitabile” che si può affrontare solo per la certezza di un compenso attraente. Che cosa significhi sedere alla destra e alla sinistra di Gesù nella sua gloria sembra implicare non solo un posto d’onore, ma anche una condivisione del potere.
La risposta del Signore al ver.38 – una risposta che è una domanda! – deve essere accolta nel suo pieno significato, che non è quello di sottolineare la necessità di “passare per la prova” al fine di raggiungere il premio, ma è l’indicazione forte che tutta la nostra attenzione deve concentrarsi sul concreto itinerario che ci è davanti, e cioè quello della nostra partecipazione alla sua Pasqua. Ho ben in mente la gioia di una mia amica che pensa volentieri alla bellezza del paradiso. Ma sembra di capire che Gesù voglia richiamarci piuttosto all’importanza – e in certo senso anche alla bellezza!! – della nostra celebrazione della sua Croce. Così io intenderei la domanda sul calice e sul battesimo. Questo infatti è il senso della vita. Io non sono certamente sicuro di saper bere questo calice e ricevere questo battesimo, ma mi sembra che senza tale prospettiva rimarrei privo del senso della mia vita e della “spiegazione” della mia morte. Per semplificare, mi sembra che per noi poveri peccatori discepoli di Gesù – al di là di quello che riusciamo a combinare – è chiaro che abbiamo la vita per dare la vita. Tale è quella divina “arte dell’Amore” che solo lo Spirito Santo può suggerire e attuare in ciascuno di noi.
Bisogna quindi riconoscere che il richiamo del Signore è anche un bellissimo regalo che Egli fa a Giacomo e a Giovanni, quando conferma la loro risposta circa il fatto che potranno veramente bere il suo calice ed essere battezzati nel suo stesso battesimo! Mi sembra che questa sia la vera grande consolazione della vita cristiana. Certo, se non c’è risurrezione e se non c’è speranza di vita eterna, tutto è vano. Resta tuttavia che il nostro cuore e il nostro pensiero, nella concretezza dell’oggi che ci è dato, sono radicalmente impegnati a seguire Gesù nel suo cammino pasquale. Un cammino che certamente non ha come ultima parola la morte, ma la risurrezione, e che peraltro è consapevole che la vita eterna è la glorificazione di un cammino percorso fedelmente e nell’amore sino alla Croce di Gesù. Non c’è speranza più grande che quella di immergere la prospettiva della morte nella volontà di farne l’offerta della vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Per tre volte il Signore Gesù ha istruito i suoi discepoli sulla sua ormai prossima passione e risurrezione e per tre volte, dopo le sue parole i discepoli devono constatare che non capiscono, o che i loro pensieri sono diversi da quelli di Dio. Pietro non vuole che gli accada quanto ha preannunciato; i discepoli litigano su chi sia il più grande e oggi questi due fratelli vogliono stare vicino a Lui nella sua gloria.
Davanti a parole che preannunciano la sua passione e morte i discepoli cercano ciò che può dare a loro tranquillità e sicurezza (come oggi, il posto migliore vicino a Gesù), e il Signore mostra che la via è quella del calice e del battesimo.
Ma se la nostra preghiera supera ciò che Dio ha pensato per il nostro bene (p.es. quando chiediamo di essere i più grandi), Gesù si oppone a questa ipotesi. Vuole che noi ci adeguiamo a quanto Dio gradisce.
Forse qui ritroviamo una questione che è già stata sottolineata in precedenza, p.es. quando abbiamo ascoltato il brano del ricco che chiedeva a Gesù di mostrargli una via “particolare” in confronto agli altri, come oggi chiedono questo due (un posto speciale diverso dagli altri). Ma Gesù mostra il cammino che è di tutti: tutti infatti sono chiamati a seguire questa via (del calice e del battesimo) e davvero “potranno” seguirla.
Stupisce che alla domanda di Gesù loro rispondano. “Si, lo possiamo!”. E Gesù (diversamente da Pietro che voleva evitargli il cammino della croce) non nega che anche loro, con Lui, possano “bere il calice” della passione e “venire battezzati” nella sua morte. E li porta alla verità: possono non per le loro forze, ma perchè Dio stesso “lo concederà”: è in dono. Come S. Paolo, dicono e diciamo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza!”.
Quelli che fanno domande a Gesù, sono – dopo Pietro – i due fratelli Giacomo e Giovanni; cioè i tre che sono stati con Gesù sul monte della trasfigurazione e hanno visto la Sua gloria. Hanno ascoltato l’insegnamento di Gesù, anche a proposito della sua passione e morte. Hanno capito cosa vuol dire “calice” e “battesimo”, ma vanno troppo avanti e chiedono subito di poter partecipare alla sua gloria. Nel brano che segue dirà agli altri dieci che chi vuole essere il più grande deve essere il servo di tutti. Non nega che parteciperanno alla sua gloria, solo dice che non spetta a Lui dare loro questo posto di gloria.
Gesù riporta i due discepoli, e anche noi, alla realtà, all’oggi, alla storia, all’impegno qui e ora. Gesù ribadisce che cosa dà senso alla vita, che cosa la rende una vita riuscita. Camminare con lui verso la Pasqua, verso il dono totale di sé. Senza preoccuparsi della ricompensa futura. Quello è il dono preparato da Dio. Possiamo solo abbandonarci con fiducia a Dio padre, che ci ha pensato dall’eternità. Persino i capelli del nostro capo sono contati!