17 Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. 18 Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: “In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. 19 Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: “Sono forse io?”. 20 Ed egli disse loro: “Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. 21 Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”.
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E’ necessario avvicinarsi sempre con grande prudenza evangelica al mistero del Male, la cui profondità è del tutto al di là delle nostre forza spirituali e intellettuali. Tuttavia tale mistero non può essere ignorato o messo da parte. Come si vede bene anche nel nostro brano, è Gesù stesso a porre il quesito annunciando il tradimento ormai prossimo. E’ molto utile ascoltare il testo di Giovanni 13,21-30, assai più esteso rispetto alle altre memorie evangeliche. Il segno più alto dell’importanza del problema, di fronte al quale non ci si può muovere se non con assoluta umiltà, è la domanda stessa che al ver.19 i Dodici devono porsi:”Sono forse io?”. Si potrebbe pensare che ognuno sappia la sua situazione davanti a simile eventualità. Invece nessuno può sottrarsi all’ipotesi di essere travolto dal dramma! Quindi il peccato è un “dramma” anche per chi lo commette? Certamente, in questo momento nessuno di loro può sottrarsi al drammatico interrogativo.
Altro elemento forte di questo momento è che il tradimento non venga dall’ “esterno”, da lontano e da estranei, ma Gesù lo indichi vicinissimo alla sua persona:”..uno di voi, colui che mangia con me (ver.18)… uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto (ver.20)”. Riascoltate un momento il meraviglioso, piccolo Salmo 40(41). E tuttavia, diversamente che per Matteo e Giovanni, per Marco come per Luca il nome del traditore resta non detto, accentuando in questo modo la sospensione e l’incertezza presenti in ogni coscienza davanti all’eventualità del male. Non abbiamo ragioni per pensare che il traditore non condividesse il “rattristarsi” e il dire a Gesù, come gli altri :”Sono forse io?”.
Mi sembra di dover lasciare a ciascuno di voi il senso della drammatica affermazione di Gesù al ver.21: “Bene per quell’uomo se non fosse mai nato”. Penso che mai si raggiunga un’ipotesi definitiva sul suo significato. Mi limito a qualche considerazione che vi chiedo con insistenza di non considerare se non ipotesi. Mi sembra venga confermato quello che ieri notavamo circa un andamento parallelo di due “storie”: quella dell’uomo e quella di Dio. Quella di Dio viene annunciata mirabilmente da Gesù:”Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto”; e questa è la vera profonda lettura dei fatti, sostenuta dalla potenza divina delle Scritture! La storia dell’uomo deve accettare la fragilità e la responsabilità della sua condizione, che più che mai oggi mostra la sua “stranezza”. L’agire umano non si può omologare nella “naturalità” di un istinto che caratterizza tutte le altre creature. E d’altra parte non si può paragonarlo al divino, liberissimo, operare! Solo il Figlio dell’Uomo, Gesù, può tenerci per mano nella misteriosa vicenda dell’uomo-figlio di Dio. Dal punto di vista strettamente soggettivo si può certamente dire che sarebbe stato “bene per quell’uomo se non fosse mai nato”. Ma nella prospettiva di Dio? Nel compiersi di un disegno dove tutti e tutto sembrano essere strumenti della storia della salvezza? Quale dunque è il confine tra necessità e responsabilità? E quindi quale può essere l’ultimo giudizio divino?
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ l’annuncio della “consegna” del Signore: lui stesso che si consegna, Giuda insieme agli altri che lo consegnano (“Son forse io…?). L’autore materiale viene indicato come “uno di voi”: queste, molto probabilmente, sono le parole che Gesù ha detto, diventate poi nella primitiva comunità “uno dei Dodici”. – Gesù non dice che va a muorire, ma che “se ne va”: compie il cammino conosciuto, abbracciato, percorso fino in fondo…, come era stato scritto. – Su colui che sembra il diretto responsabile della consegna, Gesù non esprime una condanna: quel “guai”, come già altre volte è stato osservato, è piuttosto un “ahimè!”, “che dolore per lui e per il suo atto”.
Il tradimento non viene dall’esterno. “uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. Umanamente è un fallimento. La costituzione del gruppo dei dodici, come nuovo Israele, è un fallimento. Da questo fallimento però, con l’offerta della vita da parte di Gesù, il mattino di Pasqua sboccia la nuova comunità universale, le donne, Pietro, i discepoli.