14 Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano 16 e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? 17 Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. 18 Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.
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Ricordiamo che nel testo precedente Giacomo evidenziava il primato della misericordia, della “legge” della misericordia, come “legge di libertà”, che ci sembrava di dover interpretare come opera di liberazione, la misericordia quindi come potenza di liberazione del fratello dalla prigionìa del suo male. In grande continuità, le Parole che oggi riceviamo dalla bontà del Signore portano l’insegnamento dell’apostolo nell’orizzonte globale della fede. La fede è l’orizzonte della salvezza. Prima di essere “nostra”, la fede è di Dio, è la sua opera di salvezza verso di noi. E’ la sua misericordiosa opera della nostra liberazione. Abbiamo ricevuto da Lui non solo e non tanto delle “notizie” o delle “nozioni”, ma un dono-evento che, tra l’altro, solo progressivamente si illumina e diventa, sempre in modo molto limitato e relativo, comprensione nostra.
Avere la fede quindi non può significare altro che avere in noi, nella nostra esperienza personale, l’opera della fede. Si tratta di una presenza divina, della quale abbiamo esperienza, come dicevamo, forse crescente, ma in ogni modo sempre limitata. E la fede è sempre necessariamente “opera” in noi: per noi stessi, prima di tutto. E quindi in ogni possibilità di relazione con il nostro prossimo. Per questo, a me sembra che l’esempio citato da Giacomo ai vers.15-16 sia semplicemente la descrizione di una vicenda priva di fede. Infatti la fede non è mai nominata in questi due versetti! A questo punto mi sembra necessario sottolineare la presenza di una parola, citata qui due volte, e solo un’altra volta, in 1Corinti 15, in tutto il Nuovo Testamento: l’espressione “che giova?”, al ver.14, e ripresa al ver.16. Mi sembra che il senso di quel “che giova” sia nella direzione della domanda “che cosa c’è di nuovo e di diverso?”: al ver.14 per dire che affermare verbalmente la fede senza averne le opere è dire niente; e al ver.16 per confermare che la mia reazione puramente verbale davanti alla povertà e al bisogno dei miei fratelli è solo una crudele e ironica risposta vana, spesso tipica nei nostri atteggiamenti mondani. Al contrario, ogni silenzioso atto di carità osservato in qualcuno, suggerisce al nostro pensiero che quella persona si muova con fede e nella fede. E lo pensiamo anche davanti ad un ateo confesso! Possiamo ritenere che questo sia il significato evidente del ver.18.
Così, quando il ver.17 dice che senza le opere la fede “è morta in se stessa”, mi sembra voglia dire che è morta…perchè neppure è mai nata, oppure perchè il dono di Dio è stato soffocato e spento. In conclusione, mi sembra di dover dire che siamo spessi ammalati di un ossessivo “intellettualismo” che fa coincidere la fede esclusivamente con le coese che crediamo o che…crediamo di credere.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Le parole di oggi riprendono quanto ascoltavamo alla fine del cap.1, se “uno crede di essere religioso e non fa opere ispirate dalla carità, la sua religione è vuota!” La sua fede non ha potere di salvarlo.,Quando i farisei chiedono a Gesù quale è l’opera che bisogna fare, Gesù risponde che l’opera è credere in Colui che Dio ha mandato. Poi Gesù, alla lavanda dei piedi, dice che il riconoscimento dei discepoli si avrà quando loro faranno come lui ha fatto: per l’amore vicendevole. Parallelo con 1Giov 3:17 Se uno ha ricchezze e vede un fratello in necessità e gli chide il cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? “l’amore di Dio”, cioè la nostra carità vicendevole, è l’amore che Dio ha per noi. 1Giov 2:2 “Chi non ama rimane nella morte”: la fede senza le opere è morta in se stessa. La fede viva è quella che “opera per mezzo della carità” (Gal 5:6). Come deve essere la fede? Deve escludere la preferenza di persone: “Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore Gesù” (Gc 2:2); “Dio ha scelto i poveri, ricchi di fede”: è la fede dei poveri! “Se qualcuno DICE di avere la fede” (v. 14): anche nella 1.a lettera di Giov troviamo spesso questa espressione sospetta: “Se uno DICE…”: sembra porre una riserva a chi si dichiara, si dichiara in pubblico “uomo/donna di fede”. La domanda che Giac. pone sembra dunque essere: La fede è efficacie nella nostra vita o no? Opera la carità, o è solo una dottrina nuova, dichiarata a parole, e quindi “morta in sè”? La fede è viva quando apporta una vera modifica del comportamento e della vita, quando è qualcosa di vivo che trasforma una persona. Giacomo dunque ci dice ancora, ponendosi tra i fratelli, non sopra di loro, nè sopra la parola: “Fratelli miei, stiamo attenti a non auto ingannarci!” Oltre a tutto questo, il v. 18 dicendo “io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”, sembra lasciare aperta la interessante ipotesi che chi fa opere buone, opere di carità, e si dichiara fuori dalla fede, oppure non ha davvero avuto la conoscenza del Vangelo e della fede, in realtà – in qualche modo – ha la fede di Gesù, che le sue opere di carità manifestano.
“Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.” La fede si manifesta necessariamente con la vita. Una fede astratta non esiste, non è fede. Mentre una vita, tessuta di gesti di carità, è la più bella manifestazione della fede, anche se è una fede inconsapevole. “Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?…ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt 25,37.40)