23 Prima però che venisse la fede, noi eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25 Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. 26 Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. 29 E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.
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“Prima che venisse la fede…”. L’affermazione è meravigliosamente assurda, e descrive efficacemente la rilevanza assoluta della venuta e della presenza del Figlio di Dio nella storia dell’umanità. Certo, la fede c’era! E’ quello che più compiutamente dice la persona e la missione universale di Abramo! Ma quando nel cammino della storia irrompe un evento che raccoglie, svela e porta a pienezza quello che era presente come germoglio, come profezia e come attesa, tutto appare assolutamente nuovo, come prima nulla di esso ci fosse.
E Paolo ricorda qual’era tale condizione di attesa: “rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata”. Quindi, una funzione severamente positiva della legge. E bisogna dire che tale funzione anche il pagano deve accoglierla e in certo modo farla sua. Senza il regime della legge, che è all’interno del dominio del peccato e della prigionìa della morte, non ci sarebbe neppure attesa e accoglienza della salvezza! Quando si perde il contatto vivo, in Gesù, delle Scritture antiche, ci si espone ad una lettura solo moralistica del cristianesimo. Al pagano dunque non sono chiesti gli adempimenti delle norme antiche, ma certamente è proposta la perenne attualità della loro funzione: quella appunto di essere “pedagogo” che conduce a Cristo! Così il ver.24.
Ma questa funzione irrinunciabile ha termine appunto “quando è giunta la fede”(ver.25). Quello che era assolutamente necessario, diventerebbe insopportabilmente sbagliato nella nuova condizione di “giustificati per la fede”(ver.24) e di “figli di Dio”(ver.26). Ed ecco appunto il grande annuncio:”Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù”! L’abito battesimale è il segno della nuova condizione, del cambiamento radicale della nostra condizione, cambiamento che solo la “risurrezione dai morti” è espressione che descrive autenticamente l’affermazione:”..vi siete rivestiti di Cristo”.
Non bisogna aver paura del fatto che l’espressione “rivestiti di Cristo” paia alludere ad una nostra “nudità” che sembra perdurare. Tale nudità creaturale in certo modo perdura, e ci ricorda istante per istante che la “nuova creatura” che è in noi, non è un possesso, ma un dono, e che la sua consistenza non è riducibile ad uno stato di fatto, ma è perenne attualità dell’azione salvifica di Dio. La nostra esperienza di peccatori perdonati celebra in noi questo intreccio tra la nostra fragilità e la potenza del dono del Signore.
Ma il cambiamento è veramente assoluto e radicale. Il ver.28 ribatte più volte su quel “non c’è più” che dice la morte di una creatura vecchia. E notate che nella creatura “vecchia” è compreso anche quello che peraltro era già dentro l’elezione divina, come per esempio il “giudeo”. Ma tutto è vecchio rispetto al nuovo del mistero di Gesù. E tale novità non è solo la condizione figliale, ma è anche la nuova perfetta comunione contro la precedente separazione-divisione- inimicizia-violenza. Così l’uomo e la donna, lo schiavo e il libero, il Giudeo e il Greco, come figli di Dio in Gesù si trovano anche nella comunione espressa dalle parole “tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. E questo è molto importante perchè dice che la nuova realtà di figli di Dio, non è una grigia uniformità, ma è lo splendore di un incontro tra diversità che erano fatica e addirittura inimicizia, ma ora sono comunione d’amore.
In tal modo, dice il ver.29, la vicenda del Cristo e di coloro che a Lui sono chiamati attua la promessa fatta ad Abramo e alla sua discendenza.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
E’ importante ricordare alcuni passaggi di questa lettera, come abbiamo notato nella lettura dei capp. 1-3.,La causa della lettera è che i galati erano in pericolo di venir costretti da alcuni a farsi circoncidere, cioè a entrare ed essere soggetti alle prescrizioni della Legge, secondo le tradizioni farisaiche.,Poi abbiamo visto che i giudei, per questioni riguardanti la purità dei cibi, si separavano dai gentili, per paura di altri, e smettevano di mangiare con i pagani. E Paolo non lasciò passare sotto silenzio questa cosa, ma addirittura rimproverò Pietro, che così facendo oscurava la libertà di Cristo e la verità del Vangelo davanti agli occhi dei fratelli.,In molti modi siamo stati portati a considerare il rapporto tra i fratelli provenienti dal giudaismo e i fratelli provenienti dal paganesimo. Questo è un segno importante anche del rapporto tra di noi, anche oggi. I vv.del nostro testo aggiungono l’abolizione agli oggi di Dio e tra di noi, di altre distinzioni. V. 28 “Non c’è più schiavo nè libero = ogni distinzione che nasce dalle relazioni riguardanti la società umana; le relazioni create dagli uomini nella loro storia. Non c’è più uomo nè donna: molto importante, perchè questo rapporto è dall’origine della creazione: “Dio li creò uomo e donna”. Ma c’è, secondo l’insegnamento di Gal, una origine ancora precedente alla creazione ed è la promessa di Dio. Infatti prima dei tempi, e delle distinzioni, è la promessa della volontà di Dio di farci essere uno in Cristo Gesù, e in Lui suoi figli.,Ogni relazione ha la sua verità in questa origine, al di fuori di Cristo non c’è verità. Il vangelo di oggi (Lc 6:1-5) sottolinea le parole della nostra lettera: Tutti sono rinchiusi sotto la legge, finchè non viene Cristo Signore, che la adempie. Ora gli uomini non possono essere di nuovo sotto la Legge, ma sono liberi e figli. Tutti in Cristo sono uomini nuovi per la sua fede. L’alternativa a cercare in modo illusorio la giustificazione dalle opere della legge è la fede di Gesù Cristo. Oggi Paolo, in molti modi dice la nostra relazione nuova, di vita, con Gesù: siamo CONDOTTI VERSO CRISTO dalla legge (v. 24) che è per noi come uno schiavo pedagogo (cioè quello schiavo che aveva il compito limitato nel tempo di accompagnare a scuola i bambini dai 10 ai 16 anni); siamo fatti figli di Dio IN CRISTO GESÙ’ (v.26); veniamo battezzati per essere INSERITI IN CRISTO (v.27); e siamo RIVESTITI DI CRISTO (v.27); siamo UNO IN CRISTO (v.28); e siamo DI CRISTO (v.29). Questa è la vita cristiana.
I fratelli e le sorelle di Mapanda hanno sintetizzato bene i miei pensieri confusi! Mi sono fermato un po’ a pensare alle categorie che Paolo cita nel versetto 28: giudeo-greco, schiavo-libero, uomo-donna. Probabilmente sceglie apposta coppie di estremi che non si possono, umanamente combinare, differenze e divisioni invalicabili. Si potrebbero cercare analoghi “contrari” ai giorni nostri.
Ma proprio questi… sono “uno” in Cristo! … come “uno” era Dio del v.20 del testo di ieri. Mi sono riletto Gv 17 e Col 3.
Siamo “uno”!
Bella l’immagine del pedagogo: tale è stata la legge e tutta la sua “economia”. I commenti, però, ci dicono che non dobbiamo pensare alla legge-pedagogo come a un nostro “educatore”: nel mondo greco-romano, il pedagogo era solitamente uno schiavo che accompagnava i ragazzi a scuola e li obbligava a fare il loro dovere. Coerentemente, quindi, si dice che noi “eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge” (v.23), finché non ne siamo stati liberati: siamo diventati figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. – Quanto ai bellissimi versetti 26-29, mi unisco ad Andrea nel sottolineare quel “siete UNO in Cristo” (al maschile): non vuol dire solo che siamo una cosa sola, che siamo distinti ma uniti in Lui; siamo uno come Dio, insieme a Lui, un essere, una persona… Non si riesce nemmeno a descrivere una realtà così travolgente.