22 Il Signore parlò a Mosè e disse: 23 «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
24 Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
25 Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
26 Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
27 Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
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La Parola di Dio “è” Benedizione. E’ Parola buona, che salva. La Parola viene data (detta) da Dio a Mosè. Da Mosè ad Aronne e ai suoi figli. Da loro ai figli di Israele. Questi la ricevono come è: Benedizione. Dunque, dire la Parola e benedire è lo stesso avvenimento. La Parola, appunto, è Benedizione. La Parola viene detta “nella storia”. La storia è così la storia della Parola. La Parola è nella storia e crea la storia nella quale viene detta. La storia è storia di questa Parola accolta, non accolta, in ogni modo sempre accolta con tutti i limiti della storia che la riceve, o non la riceve, sino a rifiutarla. Ma anche in questo caso la storia non è meno storia della parola; in questo caso è storia della parola rifiutata. Anche così la Parola è la grande protagonista della storia.
La Parola è di Dio. E’ la sua azione nella storia. E’ quindi la sua presenza nella storia. Questo testo, supremo nella Scrittura, non è la memoria della parola in sè o della prima parola: “Dio disse: Sia la luce. E la luce fu”(Genesi 1,3). Questa Parola è già “rivolta”, detta all’uomo. E’ dunque nella relazione che Dio ha stabilito con questa creatura diversa da tutte le altre, anche se “di terra” (“Adamo” è la terra!). E’ diversa perchè può “ascoltare”, ricevere, la Parola di Dio. La diversità della creatura umana, e il suo essere a immagine e somiglianza di Dio sta proprio nella relazione che la Parola crea tra Dio e la creatura umana.
La Parola non solo “descrive” una realtà, ma “è” quello che dice. Ciò che esiste, esiste perchè Dio lo dice. E tutto quello che Dio dice, “è”.
Nel nostro testo ci sono tre verbi principali, che dicono l’azione di Dio verso il suo popolo, e tre verbi relativi ai primi tre, che dicono come il dono di Dio, come la Parola di Dio si attua e vive nella storia dell’uomo. Questi sono i tre verbi, le tre Parole-azione di Dio. “Ti benedica”: questa Parola di Dio si attua nella “custodia” del popolo da parte del Signore. La tradizione ebraica dice che il Signore non solo fa al popolo i suoi doni, ma anche protegge i doni che ha fatto. “Faccia splendere per te il suo volto” (la versione greca propone “manifesti il suo volto su di te”); questa luce divina del suo volto si compie nella grazia, nella misericordia; cioè l’esperienza storica di Israele è questo amore divino “a priori”, senza merito da parte di chi è amato; totale gratuità, come nota propria dell’amore di Dio, e quindi dell’Amore. “Rivolga a te il suo volto” (la versione greca rende, mirabilmente, lasciando intuire un Dio che si è abbassato fino alla miseria dell’uomo, “levi il suo volto su di te”). E questa Parola di Dio è la sorgente della Pace: “ti dia pace”.
Il ver.27 raccoglie queste sei Parole di Dio, queste sue sei azioni, nel Nome stesso di Dio. Sono sessanta lettere ebraiche quelle che compongono questa benedizione. Nella versione greca sono il doppio, sono cento venti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dio vuole benedire tutto Israele per mezzo di Aronne e dei suoi figli. Anche oggi, abbiamo visto che la benedizione che Dio ha sempre rinnovato ai patriarchi, loro poi la trasmettono anche ai loro figli. La benedizione con cui Isacco benedice Giacobbe (lettura di mattutino) è una potenza grande, che non può più venire smentita. Benedicendo, Dio fa porre il Suo nome sugli israeliti: il Nome è la presenza stessa di Dio, la Sua gloria. Dall’inizio Dio ha voluto chiamarsi con un nome che contiene anche il nome di un uomo: “Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”, e oggi Dio vuole che il Suo nome sia su di noi, e noi veniamo chiamati con il Suo nome. Un v. di Geremia (15:16) unisce il Nome del Signore alla Sua parola: “Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perchè io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti”. Geremia dicendo così ci mostra come il Nome di Dio possa stare nell’uomo, così come la sua parola, perchè la parola di Dio è per l’uomo, e questa presenza (del nome e della parola di Dio, ascoltata ogni giorno) è causa di benedizione irrevocabile. Queste parole le abbiamo ascoltate nella Messa del 1 gennaio (Madre di Dio) come per chiedere e ricevere da Dio la benedizione e la pace per il nuovo anno che incomincia. E’ Dio che benedice, per mezzo di uomini, come ha disposto. Gli uomini possono dunque trasmettere la benedizione di Dio. Questa benedizione, che viene affidata agli uomini (qui, i figli di Aronne) per essere posta da loro su tutto il popolo, è per chiedere di venire “custoditi” (v. 24 it. “protetti”) da Dio: è la pace. Questa parola del v.24 “custodire, proteggere”, l’abbiamo già incontrata molte volte al c.3 (e altrove) quando a proposito delle famiglie dei leviti abbiamo letto che il compito che affida loro è di “custodire la custodia” delle cose sante. Più avanti (9:19.23) anche di tutte le altre tribù si dirà che devono “custodire” (it. “osservare”) le prescrizioni del Signore riguardo la partenza e la sosta di ogni tappa, per la guida della nube. Dunque la benedizione di Dio dona al popolo la Sua protezione e custodia, affinchè ognuno possa “custodire” (in pace, v. 26) il compito che Dio gli ha affidato nella vita. E’ un pò come ieri, quando ci sembrava molto bello collegare la offerta a Dio della vita nella libera consacrazione del “nazireo” alla potenza della sua benedizione preveniente, per il suggerimento che ci veniva da Deut 16:17 “Il dono di ciascuno sarà in misura della benedizione che il Signore tuo Dio ti avrà data”. Gesù pregò il Padre, chiedendo questa “custodia di protezione” per i suoi: “Io quando ero con loro conservavo nel tuo nome (!) coloro che mi hai dato e li ho custoditi” (Giov 17:12); e ricorda che “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome, e lo farò conoscere, perchè l’amore (il “nome” di Dio!) con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.” (Gv 17:26). Il Cantico di Zaccaria ci propone ogni giorno la memoria della misericordia di Dio che ci benedice e dona pace.