12 Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato. 13 Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di Giacomo. 14 Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui.
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Forse questo ritorno a Gerusalemme è più significativo di quanto possa apparire ad una prima lettura, e più ricco di significato, soprattutto se lo si interpreta come obbedienza alle parole dette dal Risorto al ver.4 circa il non allontanarsi da Gerusalemme per attendervi “il compimento della promesssa del Padre”. E tutto cresce ulteriormente se si considera che ritornando in città si stabiliscono nel luogo della Cena, indicato qui al ver.13 come la “stanza al piano superiore”, ed esplicitamente chiamato “cenacolo” dalla versione latina. Mi sembra meno convincente l’espressione “dove erano soliti riunirsi”, che corregge la precedente versione italiana che diceva “dove abitavano”. Io preferirei una traduzione più povera e letterale, “dove rimanevano”, dove stavano, pensando ad un rimanere non tanto in riferimento a tempi passati ( non va dimenticato che, se siamo al Cenacolo, si trattava di una stanza avuta in prestito o ini affitto per la celebrazione della Pasqua), quanto piuttosto ai giorni che adesso trascorreranno insieme. Se vale questa ipotesi, ne risulta sottolineato il fatto che si attende il dono dello Spirito nello stesso luogo dove il Signore ha spezzato il pane e dove ha lavato i piedi ai discepoli. Tra l’ascensione e la pentecoste ci sono dieci giorni, secondo la memoria evangelica. Questo mi sembra infatti il tempo cui il nostro testo richiama la nostra attenzione.
Per quello che riguarda l’elenco degli Undici, si può notare che, oltre la mancanza del nome di Giuda Iscariota, il cambiamento più forte rispetto all’elenco di Luca 6,14-16 è l’accostamento di Pietro e Giovanni, forse per il ruolo privilegiato e la comunione tra i due in tutta la vicenda di Pasqua.
Il ver.14 usa due termini molto forti per dire che i discepoli erano “perseveranti e concordi nella preghiera”. Alla lettera direbbe che “erano perseveranti unanimamente nella prehiera”. Si vuol dire che erano di grande spessore sia l’intensità della loro preghiera, sia la loro comunione in questo. Mi piace sottolineare questo, anche perchè sono malinconicamente partecipe di una “dipendenza” che molte volte la preghiera fraterna subisce. Dipendenza da condizioni dei singoli, o più dolorosamente dipendenza dalla situazione storica, vedi i dissapori tra le persone, o gli “scioperi di protesta” e di rivendicazione dei singoli nei confronti della comunità o di chi malamente la guida. Tutti motivi sacrosanti, dico con un po’ di ironia. Ma nel nostro testo mi sembra molto forte il “primato” e l’apriori che questa preghiera unanime ha su ogni altra questione. Di più! La preghiera perseverante e unanime si presenta come il modo semplice e diretto di obbedire all’indicazione di Gesù circa l’attesa del dono di Dio. La preghiera quindi, non come “conseguenza”, ma come presupposto e grembo fecondo di ogni altro evento, e di ogni altra considerazione. Il volto oggettivamente più profondo della comunione fraterna. Anche tra gli sposi. Anche in famiglia.
Infine notiamo che nel Cenacolo non ci sono solo gli Undici Apostoli, ma molte altre persone, tra cui, eminente, Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di Lui, cioè altre persone legate al Signore da vincoli di parentela. Il primo versetto del testo di domani ci dirà che sono circa centoventi persone! E’ la Chiesa!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.