16 Paolo, mentre li attendeva ad Atene, fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli. 17 Frattanto, nella sinagoga, discuteva con i Giudei e con i pagani credenti in Dio e ogni giorno, sulla piazza principale, con quelli che incontrava. 18 Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui, e alcuni dicevano: «Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?». E altri: «Sembra essere uno che annuncia divinità straniere», poiché annunciava Gesù e la risurrezione. 19 Lo presero allora con sé, lo condussero all’Areòpago e dissero: «Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? 20 Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta». 21 Tutti gli Ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità.
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L’irritazione profonda di Paolo di cui si dice al ver.16 è tipica dell’animo ebraico: per un ebreo non c’è peccato più drammaticamente grave dell’idolatrìa, ferita spaventosa nel rapporto con Dio, Sposo geloso del suo popolo e quindi Dio geloso di ogni persona. Lo spettacolo che Atene offre a Paolo non è solo quello dell’adorazione di un dio “altro” dal Dio d’Israele, ma è in qualche modo la “tranquilla” esibizione delle molteplici divinità che popolano il mondo pagano, un mondo nel quale peraltro tutti questi dèi non sono l’ultimo riferimento dell’animo umano, che piuttosto deve essere cercato nella filosofia, come anche il nostro brano evidenzia, facendo interlocutori diretti di Paolo non “uomini religiosi”, ma “filosofi” epicurei e stoici come ci dice il ver.18. Penso che per un genuino ebreo, e per giunta un ebreo che ha incontrato il Signore Gesù, come è per il nostro Paolo, tutta questa esibizione di “divinità” deve essere nauseante.
Il ver.17 ci parla di una situazione eccezionale della predicazione di Paolo, ad Atene diversa rispetto alle altre località che abbiamo già incontrate. In sinagoga egli parla a giudei e a “pagani credenti in Dio” insieme. E inoltre parla anche “sulla piazza principale, con quelli che incontrava”! Dunque, pur con l’assoluta particolarità di quello che annuncia, egli sembra peraltro adeguarsi alla situazione e al clima psicologico e spirituale nel quale è entrato ad Atene. E provoca una discussione; non lui discute, ma la muove in altri. Paolo appare circondato da curiosità mista ad una certa ironìa. Ed è ironico il commento stesso che il nostro testo fa della situazione di Atene e di questi suoi intellettuali al ver.21!
Ma si ha l’impressione che a Paolo poco importi questo clima già inquinato e quasi superficiale, con tutti i suoi complessi di superiorità, e si disponga ad accettare di rispondere a quella che non sembra molto più che una curiosità, e, appunto, una disimpegnata attenzione per le “ultime novità”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.