48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53 Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 59 Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
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Mi pare che il passaggio centrale del nostro testo sia il collegamento assoluto che Gesù stabilisce tra il pane della vita, il pane vivo, e la sua carne. Come già abbiamo visto nel brano precedente il pane della vita non è un “segno” di Gesù, ma è Lui stesso, la sua Parola e la sua opera. La manna nel deserto era il segno profetico del vero pane della vita. Ha nutrito i padri fino al loro ingresso nella Terra Promessa. Il pane della vita ci nutre fino alla pienezza di questa vita. Per questo i padri sono morti (ver.49 e ver.58). Chi mangia il pane vivo disceso dal cielo non morirà e vivrà in eterno (vers.50-51).
Ascoltiamo con attenzione ammirata il ver.51, dove, dopo aver confermato che Egli è il pane vivo disceso dal cielo, dice di questo pane: “..è la mia carne per la vita del mondo”. Pensiamo allo straordinario percorso di significato compiuto dal termine “carne”: designa l’inabissamento del Verbo di Dio nella condizione povera, ferita e mortale dell’umanità, e proprio per questo è la fonte della vita del mondo. Per questo la suprema umiliazione è la suprema gloria e la suprema potenza di salvezza. Questo contraddice ad ogni concezione mondana del potere e della potenza. Anche, e forse soprattutto, per quello che riguarda le supreme conquiste dello spirito umano,che esigono e provengono sempre da sublimi vette di pensiero e di spiritualità. La Parola che oggi riceviamo dalla bontà del Signore esige che in modo severo e rigoroso noi riconosciamo e confessiamo che Dio manifesta la sua potenza nella suprema debolezza della carne.
E forse bisogna dire di più, e cioè esplicitamente considerare che è la morte stessa il principio e la fonte della vita. Questo mi pare sia significato dalla compresenza-separatezza della carne e del sangue. Tale separatezza dice la morte! La morte fisica. La morte di cui tutti i mortali sono partecipi. Nutrirsi della carne e bere il sangue del Signore è condizione assoluta per “avere la vita eterna”. La vita nuova è già la vita eterna, e tale vita cresce fino alla pienezza della gloria, fino alla risurrezione nell’ultimo giorno. Così al ver.54.
E tale nutrimento è il sostegno della vita, espresso al ver.56 con il “rimane in me e io in lui”. Dunque una vita nuova di comunione d’amore. E una vita “per” il Signore,: “..come..io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me”. Dove quel “per il Padre” e “per me” sembra dire insieme che il Signore è la fonte e il sostentamento della nostra vita nuova, e ne è il fine.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Questa volta Gesù ha proprio esagerato: per avere la vita bisogna “masticare” la sua carne e bere il suo sangue! E poi: chi mangia la sua carne, non muore! Ma come: tutti camminiamo verso questo evento finale, … e ne abbiamo paura! Eppure, dobbiamo, vogliamo fidarci delle parole del Signore: Egli ci assicura che “non faremo l’esperienza della morte” (così “traduce” un noto biblista). Certo, la nostra esistenza fisica, biologica terminerà, come ogni giorno muoiono milioni delle nostre cellule…; ma la nostra persona, in tutta la sua completezza, è destinata a non fare esperienza della morte, e a passare ad una dimensione di vita diversa, capace di realizzare al massimo tutte le nostre poitenzialità. Intanto, “stiamo” in Lui, dimoriamo in Lui, e Lui in noi…
Gesù dice di essere Lui stesso, soltanto Lui il pane della vita, e che gli uomini possono riceverlo da Lui e mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue. Non c’è altri che possa darci il cibo della vita. E mangiandolo, Gesù entra in noi, e lo riceviamo così come è, ed è così che abbiamo la vita in noi. Le parole di Gesù al v.51: “Se uno mangia di questo pane (che è la mia carne) vivrà in eterno”ricordano quelle che abbiamo ascoltato al cap 5:24: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna” e sono simili a quelle che ascolteremo al cap 8:51: “Se uno custodisce la mia parola non vedrà la morte in eterno”, e stabiliscono così una relazione molto stretta tra il “mangiare la carne” e “ascoltare e custodire la parola di Gesù”, come via per avere in noi la vita di Dio. La “carne” di Gesù è la carne del Verbo, della Parola di Dio fatta uomo, fatta carne per noi (Gv.1:14). Il Vangelo incarnato, la Parola di Dio venuta tra noi: chi accoglie ciò rimane in Lui (v.56; vedi anche 15:7 “Rimanete in me e le mie parole rimangono in voi”) ha la vita eterna, cioè vive per sempre, non vedrà la morte. Bere il sangue di Gesù è ricordarsi costantemente della Passione del Signore per la quale soltanto siamo redenti e abbiamo ricevuto di nuovo la intimità, la comunione con Dio per Gesù.