1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2 E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3 Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4 Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5 «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6 Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7 Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9 Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10 I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11 perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
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L’ “odore” dell’unguento profumato di maria che si diffonde per tutta la casa, segue quello di cui leggevamo nei giorni scorsi, quando Marta sorpresa dalla parole di Gesù che chiedeva di togliere la pietra dal sepolcro di Lazzaro, diceva preoccupata: “Signore già manda odore”. Colpisce questo contrasto. Là si parlava di odore di morte, e qui invece di un odore di amore, che – anche nelle parole di Gesù – vuole indicare che si collega alla sua morte. Fa pensare che anche in questa unzione dei morti ci sia già un segno profetico: con Gesù non c’è più puzza di morte, ma odore di vita! E come Maria sembra avere imparato questa necessita di porre il buon profumo dell’amore, della vita, perchè tutta la casa possa gioire del profumo, così il Signore Gesù stesso sembra a sua volta imparare da Maria, e grato per questa offerta d’amore, dopo la cena con i suoi discepoli, riprenderà questo stesso gesto, lavando ai suoi discepoli i piedi, e chiedendo loro di continuare a darsi l’un l’altro a vicenda, per sempre, questo gesto d’amore.
“Prima della Pasqua”: questa volta non è più “la pasqua dei Giudei”, sarà invece la pasqua di Gesù… C’era la consuetudine di effettuare – una settimana dopo la morte – un banchetto nel quale si lasciava vuoto il posto del defunto. Questo di Betania, però, non è un banchetto funebre, ma una celebrazione della vita e dell’amore. In più punti ci si richiama al Cantico dei cantici, all’amore e alle seduzioni della sposa: a cominciare dal profumo di nardo. E’ un profumo assai prezioso, ma il greco dice “fedele”, suggerendoci così l’interpretazione spirituale. Si nota anche che Marta e Maria fanno qualcosa, mentre Lazzaro non fa nulla: sta solo a mensa con il suo Signore (non è questa la nostra condizione dopo la vita terrena?). Quando Gesù dice: “Lasciatela fare perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura”, c’è una contraddizione rivelatrice: non può conservare il profumo, che è già stato versato sui piedi del Signore, ma si deve conservare il profumo della vita e dell’amore che supera la morte, quella di Gesù (ma i discepoli se ne dimenticheranno) e la nostra.
Anche a me ha colpito il profumo del nardo. Che bel segno di amore, di offerta. A cosa può corrispondere per noi quel nardo, da offrire a Gesù?
In Mc 11,30 Gesù dice : ‘amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’.
Il nardo non è sprecato..potranno forse esserlo le nostre vite?
Giovanni colloca questa cena a Betania in casa dei tre fratelli. E la colloca tra la vicenda di Lazzaro e il suo ingresso a Gerusalemme per la sua Pasqua. Tenendo conto che, come vedremo, nel Quarto Vangelo manca la memoria dell’ultima Cena, sostituita con l’episodio della lavanda dei piedi, questa cena acquisto una rilevanza particolare proprio in riferimento all’Eucaristia. E’ occasione per ricordare come altre feste o occasioni “conviviali” sono importanti per tale motivo nel quarto Vangelo. Abbiamo già incontrato le Nozze di Cana, e il legame, in Gv.6, tra il miracolo dei pani e il grande discorso sul Pane della vita nella sinagoga di Cafarnao. E altro ancora incontreremo nel seguito.
Il ver.11 esplicitamente collega l’episodio di Betania alla Pasqua ormai vicina e alla risurrezione di Lazzaro. Questo appunto assegna subito una tonalità particolare a quanto accade a Betania. Lazzaro è “uno dei commensali”(ver.2): dunque, c’è uno stretto rapporto tra il mistero battesimale della nostra morte-risurrezione e l’essere “commensali” di Gesù nella Cena. Anche la diaconìa di Marta è caratteristica per Giovanni. Egli infatti usa molto raramente questo termine “diaconale” sia come nome che come verbo. L’abbiamo incontrato a proposito dei “servi” che in Gv.2, a Cana appunto, sapevano da dove avevano attinto il vino buono. Ritroveremo il termine al ver.26 di questo capitolo in un orizzonte di particolare preziosità di significato, vicino al senso che aveva nella vicenda di Cana, dove i servi diventavano di fatto “discepoli” seguendo l’indicazione della Madre di Dio che chiedeva loro di fare quello che Gesù avrebbe detto loro. Qui, al ver.26, il servo è quello che segue e sta con Gesù e sarà onorato dal Padre. Così dunque di Marta!
Ma il cuore dell’evento è la persona di Maria e il suo gesto di amore adorante. E’ lei che in pienezza viene ad essere il segno della Sposa, il segno della Chiesa e quindi della nuova umanità riconciliata e in pienezza di comunione d’amore con il suo Sposo Signore. Il ver.3, con particolare ricchezza di termini, dice il gesto di adorazione-amore, e la sua ampiezza straordinaria, al di là di ogni calcolo e ragionevolezza. Un gesto che tende ad esprimere pienezza, totalità!
Per come si presenta, Giuda appare come l’opposto e il negativo dei tre fratelli e particolarmente di Maria. Ed è chiaro che al centro della sua critica non sta però il gesto della donna, ma la persona stessa di Gesù. La preziosità di questo testo ci .consente di porci una domanda che accompagna tutta la vicenda di Giuda. Perchè Giuda tradisce il Signore? Sembra riduttivo pensare che il denaro sia la ragione ultima e vera del suo tradimento. La “ragione” dei poveri addotta da Giuda è certamente notevole, ma Giovanni la smaschera, e ci dà una spiegazione dei fatti che forse apre una strada altrimenti nascosta. E non mi sembra che ci dica solo della sua avidità che lo porta a fare il ladro. Giuda è “costituzionalmente” ladro!: “era un ladro”(ver.6). Ci troviamo davanti ad un attributo inconsueto. Mi sembra che ridurre la cosa sino a farne un borseggiatore sia troppo poco per spiegare il dramma. Mi lascio portare verso un’ipotesi più fonda e arrivo a pensare al “peccato originale”, cioè al colossale tentativo adamitico di “rubare” a Dio la sua stessa divinità. E’ inganno del serpente cui i progenitori soggiacciono. Se vale questa ipotesi, Giuda è ladro di Gesù, perchè non sopporta la sua signorìa. Dunque è “ladro” perchè compete con la signorìa del Signore. Non può concedere che Gesù sia il Signore!
Gesù rivendica in difesa di Maria che questo spreco è tutto dovuto e proteso verso la sua Croce che è la sua Gloria, il principio della sua Signorìa universale. Come tale, il Signore è il Grande Povero. L’onore dato a Lui è la fonte e il volto profondo di quello che i credenti sono chiamati a rendere ai poveri che, Lui dice, “sono sempre con voi”. Come Lazzaro?
Dio ti benedica-. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.