1 Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2 Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3 Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4 Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5 Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6 Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7 Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8 Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9 perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10 Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11 Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
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Il brano di oggi ci introduce nel racconto della Passione e Risurrezione del Signore, che adempie con queste azioni accettate in obbedienza e quasi condotte da Lui come Signore, le parole che nei capp. ci aveva detto, preparandoci a questo culmine della sua offerta d’amore per tutta l’umanità. Il v. 1 ci è sembrato ricco di molti spunti e memorie, e quasi ricapitolativo del significato profondo della pasqua di Gesù: dare agli uomini la certezza della amicizia stabile con Dio, quella amicizia appena gustata e subito persa nel primo giardino. Proprio questa parola “giardino” ci è parsa importante. In tutto il N T la troviamo solo due volte in Giovanni; qui e alla fine del cap. 19 dove si dice che Gesù viene sepolto in quella tomba nuova che era nel giardino. E’ posta quindi quasi come a racchiudere l’intero racconto della Passione di Gesù, della offerta della sua vita per tutti gli uomini. Una terza volta si trova nel vangelo di Luca, nella parabola del regno dei cieli paragonato a un piccolo seme di senapa, che viene gettato da un uomo nel giardino, e – in modo molto simile a quel chicco di grano caduto in terra, che morendo porta molto frutto, a cui Gesù si è paragonato nel cap 12 – poi cresce tanto da diventare un albero e riparo per gli uccelli del cielo. Immagine bellissima della fecondità e della protezione del Signore per i suoi. E verso questo “giardino” (leggiamo sempre nel v. 1) Gesù “esce” con i suoi discepoli e vi “entra” sempre con i suoi discepoli. Immagine che sembra voler cancellare l’esito del primo peccato, che rompendo l’amicizia con Dio era stato causa anche dell’allontanamento dell’uomo e della sua cacciata fuori dal giardino-paradiso dell’Eden. Non vi entra solo Gesù, ma con lui, reintegrati nella amicizia con Dio, i suoi undici discepoli, segno di tutti “quelli che per la loro parola crederanno in Gesù”. Lui è la porta che ci dà l’accesso al padre, “chi entra attraverso di Lui sarà salvato, entrerà e uscirà e troverà pascolo” (leggevamo in Giov 10:9). A questa memoria del Buon Pastore, ne possiamo aggiungere un’altra che ci viene dalle parole che Gesù rivolge a quelli che sono venuti per catturarlo: “Se cercate me, lasciate che questi se ne vadano” e dal commento che ne fa il Vangelo: “Questo disse perchè si adempisse la parola che aveva detto: non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”. Il buon pastore all’arrivo dei lupi si comporta diversamente dal mercenario: dà la vita per le sue pecore. Invece di fuggire quando vede arrivare quelli che vogliono catturarlo e ucciderlo, Gesù li accoglie dicendo loro: “Chi cercate?” E diversamente da altre volte, quando la sua ora non era ancora venuta, adesso si lascia prendere. Sa che è venuto il momento di offrirsi vittima per gli uomini che ama, in obbedienza al Padre. Ci piace pensare che da quel momento, anche adesso, ogni volta che il nemico (la malattia, l’inimicizia, l’afflizione, la morte) assale un uomo, Gesù si faccia avanti dicendo: “Chi cercate?”, per offrire di nuovo la sua vita e scampare l’uomo.
Sarebbe molto utile che nei prossimi giorni ognuno potesse compiere il cammino nella memoria della Pasqua del Signore secondo l’evangelista Giovanni (cap.18-21) potendo confrontare il testo del quarto Vangelo con i tre Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca. Le “differenze” di Giovanni sono sempre molto significative. In ogni modo io cercherò di citarle e di sottolinearle, almeno le più notevoli.
Il ver.1 lega strettamente – “Dopo aver detto queste cose…” – quello che Gesù ci ha detto ai cap.13-17 con l’evento pasquale, confermando così l’idea che abbia voluto prima darci l’interpretazione profonda degli avvenimenti che ora ascolteremo. E’ importante anche il verbo “uscì”, che si ripete al ver.3 dove in italiano è sostituito dall’espressione “si fece innanzi”, perchè abbiamo visto ai cap.13 e 16 che Gesù “è uscito dal Padre”! Quando incontriamo questa espressione mi sembra sia importante ricordare il senso profondo del suo uscire. Il termine “giardino” del ver.1 lo ritroveremo per il luogo della sepoltura al cap.19, e nel suo incontro con Maria al cap.20. Fa pensare al giardino delle origini e a quello del Cantico dei Cantici. Certamente si vuole sottolineare l’importanza del luogo con quel “nel quale entrò con i suoi discepoli”. Luogo noto a Giuda perchè luogo consueto per Gesù e per i suoi discepoli (ver.2).
Giovanni al ver.3 enfatizza l’apparato e l’armamentario del drappello preso da Giuda, che contrasta con la figura solitaria e indifesa di Gesù. Eppure l’evangelista ce lo presenta in tutta la sua forza che non è quella delle armi ma quella ben più potente della sua stessa persona, come ascoltiamo al ver.4: Egli sa tutto quello che gli deve accadere ed è Lui ad uscire verso di loro e a interrogarli; ci ricordiamo della stessa domanda da Lui rivolta ai primi discepoli del cap.1! La risposta del Signore al ver.5, “Sono io!”, attualizza l’antica rivelazione del nome divino a Mosè in Esodo 3,14, espressione che abbiamo già trovata in Gv.8,24. Ma questa risposta-annuncio che rivela la divinità della persona di Gesù fa indietreggiare e cadere a terra Giuda e i soldati. La drammaticità del fatto prelude e prepara la parola di Gesù quando Egli stesso ripone la domanda sul motivo della loro venuta. Gesù non subisce affatto, ma lui stesso guida gli eventi e annuncia il mirabile scambio tra la sua persona e coloro che il Padre gli ha affidato perchè siano da Lui salvati! Così i vers.8-9.
Negli altri Vangeli rimaneva anonima la persona che qui, al ver.10, si rivela essere Simon Pietro, che taglia l’orecchio di chi pure viene identificato nella sua persona e nella sua posizione ragguardevole: Malco, il servo del sommo sacerdote. Non so dire se l’esser colpito proprio l’orecchio voglia dire un giudizio sul rapporto di Israele con la Parola di Dio, e quindi in collegamento con l’economia del Tempio per il riferimento al sommo sacerdote. Quello che invece è certo è il senso e la portata delle parole con le quali Gesù reagisce al fatto! Quello che sta accadendo non è un semplice episodio di umana violenza, ma è l’obbedienza di Gesù al Padre: “..il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?”(ver.11).
Dunque, osserviamo come il luogo, gli avvenimenti, l’intenzione del traditore e di chi l’accompagna, il volto esterno dei fatti…tutto è legato alla stessa memoria che gli altri Vangeli fanno dell’arresto di Gesù al Getsemani. Ma tutto è diverso! Nulla è subìto da Gesù, ma tutto proclama ed enfatizza la sua signorìa! In un evento di umana debolezza e di inevitabile sconfitta!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.