29 Quando il Signore, tuo Dio, avrà distrutto davanti a te le nazioni di cui tu stai per prendere possesso, quando le avrai conquistate e ti sarai stanziato nella loro terra, 30 guàrdati bene dal lasciarti ingannare seguendo il loro esempio, dopo che saranno state distrutte davanti a te, e dal cercare i loro dèi, dicendo: “Come servivano i loro dèi queste nazioni? Voglio fare così anch’io”. 31 Non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore, tuo Dio; perché esse facevano per i loro dèi ciò che è abominevole per il Signore e ciò che egli detesta: bruciavano nel fuoco perfino i loro figli e le loro figlie in onore dei loro dèi. 1 Osserverete per metterlo in pratica tutto ciò che vi comando: non vi aggiungerai nulla e nulla vi toglierai.
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Abbiamo già avuto questo avvertimento alla fine del cap.7: l’impresa difficile non è la guerra, dove è Dio stesso a combattere per il suo popolo, ma il rischio , dopo la conquista, di essere sedotti dai costumi idolatrici dei conquistati. Più pericolosa la seduzione, quindi, piuttosto che la guerra! E questo la dice lunga proprio sul carattere e sulla sostanza “nuziale” della comunione tra Israele e il suo Signore.
Il ver.30 mi sembra introduca a questo punto un discoroso diverso da quello che abbiamo già ascoltato. Mi sembra cioè di vedere che il pericolo non sarebbe quello di passare scopertamente all’adorazione di idoli, ma piuttosto di trasferire, nel culto reso a Dio, vie, consuetudini e modi, propri dei culti idolatrici: “Come servivano i loro dèi queste nazioni? Voglio fare così anch’io”.
Ma Dio detesta, secondo il ver.31, questi riti idolatrici. E ci viene dato l’esempio dei figli e delle figlie bruciati in onore dei loro dèi.
Nella Parola di Dio è detto tutto quello che si deve fare anche in questa direzione. Il ver.13,1 ci ricorda che bisogna semplicemente fare tutto quello che la Parola chiede, senza aggiungere e senza togliere niente. Devo dire che questo avvertimento mi sembra sempre – anche oggi! – di grande attualità. Sono vecchio abbastanza – mi rendo conto che si potrebbero fare esempi più clamorosi – per ricordare tutte le “code” che il tempo aveva aggiunto alla fine della Messa e che la riforma conciliare ha emarginato. Sono spiacevolmente colpito da come di nuovo si aggiungano code! Non sembra di rilievo, ma è proprio toccando la liturgia che si rischia di contaminare la storia!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Nonostante la distruzione, prevista e da attuare, dei popoli che occupano la terra della promessa, Dio continua a dire che Israele deve guardarsi da imitare quello che tali nazioni fanno. Il problema perciò è interno al popolo, e non esterno. E’ evidente come questo si collega molto con il Vangelo di oggi (Mc 7:14-23 “… dal cuore dell’uomo escono le intenzioni cattive…”). E’ un invito anche per noi a stare molto attenti e vigilanti, e anche a osservare con attenzione ciò che Dio dice, senza aggiungere nè togliere niente (v.1). Si tratta di “rimanere” nell’obbedienza alle parole e al dono che da Lui si è ricevuto. Queste popolazioni che abitano la terra della promessa, in realtà non saranno completamente distrutte, perciò Dio dice al suo popolo di non imitare i loro costumi, di non andare dietro a loro. Nel N.T. ci viene detto di “seguire le orme” di Gesù, di imitare Lui che ha dato la vita per i suoi. E’ dell’ “uomo stolto” (come dice il libro dei Proverbi) lasciarsi attirare da altre “bellezze” e abbandonare la via di casa sua, ammaliato da parole e riti non graditi a Dio. Il comando di “non aggiungere, nè togliere” nulla alle parole ricevute da Dio è strettamente unito al comando di non seguire altri dei, e soprattutti i modi con cui le nazioni servono i loro dei (bruciando nel fuoco i loro figli e le loro figlie). In Geremia per almeno tre volte Dio si premura di ricordare al popolo che un tale abominio Lui non lo ha mai comandato e non gli è mai venuto neanche in mente. La custodia delle parole di Dio, nella loro purezza a integrità, sono una via per essere preservati da altri precetti, che Dio “non ha mai pensato di dare” al suo popolo. “Aggiungere e togliere parole” corrisponde anche all’aggiungere pratiche idolatriche. “ciò che esce dal cuore e rende impuro l’uomo” è l’ “aggiunta” che Dio non vuole che noi accostiamo al Suo santo precetto, e nello stesso tempo è “togliere” forza e “limitare” il precetto. Le cose che abbiamo nel cuore, quando escono, provocano una “aggiunta” alla Parola, una non soddisfazione alla misura della Parola, per cui si “aggiunge o toglie” qualcosa. Al v. 30 il Latino dice: “Non ricercare le loro cerimonie”: ricorda l’ammonizione del Signore a non imitare nella preghiera i pagani “che moltiplicano le parole, … per essere ammirati dagli uomini”. Infatti chi “aggiunge o toglie” qualcosa alla Parola di Dio, lo fa per compiacere gli uomini, e quindi facilmente si trasforma in falso profeta. La “distruzione” dei popoli è il segno della vita nuova battesimale, e il comando di non “aggiungere nè togliere” nulla è il comando di rimanere saldi in questa grazia ricevuta nel Battesimo, perchè “quelli che Dio da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figli diletto”, e perciò chiede loro di non imitare i pensieri e le azioni dell’uomo vecchio. Il brano di oggi è un grande invito a custodire il dono della vita nuova.
Nella disapprovazione del Signore per i figli bruciati nel fuoco ho visto ancora l’interesse amorevole di ieri al v.25 ‘perchè sia felice tu e i tuoi figli dopo di te.’.
Il Signore per i suoi figli non vuole la morte ma la vita. L’ho visto molto legato anche al dono della Parola e al fatto di non aggiungere e togliere nulla.
A questo proposito la Regola mi pare sia molto d’aiuto nella parte del silenzio. Come se nel ‘di più’ ci sia sempre il rischio di andare dietro a degli dèi stranieri.
Il Signore invece ci vuole sul pezzo..che dono!