37 Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38 Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! 39 Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
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Un finale inaspettato per questo cap-23! Sorprendente e meraviglioso. Sembra voler unificare non solo tutto questo capitolo, ma forse anche il precedente in un unico evento, o meglio, in un unico obiettivo, nell’unico grande piano divino di salvezza. Tutto quello che Dio ha fatto e che, come abbiamo ascoltato nei versetti precedenti, Gesù stesso fa, viene ancora una volta ripetuto e ribadito ricordando “quelli che sono stati mandati a te”(ver.37). Ma ecco ora il grande fine dell’azione divina nei confronti di Gerusalemme: “..raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali”. La bellissima immagine dona una forte nota materna all’azione di Dio. E noi possiamo accoglierla anche come segno dell’essenziale compito della donna, della madre, nella comunità messianica.
Mi sembra possiamo dedurre da queste parole che la grande meta della vicenda umana e cosmica secondo il piano divino sia la pace! La pace non come assenza di conflitto, ma ben di più, come convocazione e comunione d’amore. Qui si vede bene come Gerusalemme rappresenti e sia immagine non solo di tutto il popolo di Dio, ma dell’intera umanità. Certo, noi oggi non possiamo non considerare la vicenda attuale di Gerusalemme e in lei, del mondo intero, con tutte le sue complesse diversità, le sue terribili ingiustizie, e i suoi sanguinosi conflitti. Ma tutti sono “figli”, come i pulcini raccolti dalla chioccia sotto le ali. Nessuno “è” l’altro, e nessuno è “come” l’altro, ma ognuno è chiamato ad essere “con” l’altro.
“…e voi non avete voluto”: il rifiuto dei profeti inviati da Dio si rivela come rifiuto di convertirsi alla pace! Ed è chiaro che non si tratta di un’unione “imperiale”, ma di una convergenza “famigliare”. Non è l’unità di tutti “sotto” Roma e il suo impero. Gerusalemme è una promessa verso la quale tutti devono incamminarsi. Tant’è che, siccome non hanno voluto essere raccolti nella comunione, “la vostra casa è lasciata deserta”. Gerusalemme non può essere esclusivo possesso di nessuno, perchè è per tutti!
Il ver.39, dicono le note delle bibbie, fa riferimento alla venuta finale del Figlio di Dio. Penso che si riferisca anche al nostro rapporto con Gesù, che non può essere pieno se non nella comunione tra noi. E tale comunione tra noi è intimamente legata al riconoscimento di Lui, e quindi al nostro dire tutti insieme: benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
‘quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto’.
Come ha scritto Dongio è proprio una bellissima immagine che forse nel salmo 77 trova un suo approfondimento.
Come una chioccia, come una gallina: a noi piace forse di più l’immagine veterotestamentaria di Dio come aquila, che spazia sulle cime più elevate…; Gesù invece ci riporta in un luogo comune, modesto: l’aia del contadino, dove la gallina “gironzola” con i suoi piccoli proteggendoli e sorvegliandoli perchè non si disperdano…
L’immagine della chioccia è simbolo dell’amore premuroso di Dio per il suo popolo (Deut 32 e Sal 26), oggi rivelato in Gesù. “Quante volte…”, settanta volte sette l’amore infinito di Dio va alla ricerca dei suoi figli per proteggerli. Dio vuole amarli e proteggerli, ma gli uomini non hanno voluto. E allora, davanti a questo ostinato e stolto rifiuto a venire amati e protetti, Dio in Gesù non può fare altro che morire per gli uomini: è questo l’estremo suo atto di amore per noi
Le ali sotto le quali si rifugiano i piccoli ricordano la protezione dello Spirito Santo, che sarà dato in pienezza solo dopo la morte in croce e la risurrezione di Gesù. Come leggiamo in Atti 2:33: “Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire” E le parole di Stefano prima di venire ucciso si adattano bene ai vv che oggi ascoltiamo e a quelli immediatamente precedenti: “O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. “ (Att 7:51).
Le “ali” sotto cui si trova rifugio, ricordano anche le parole di Booz a Rut “Il Signore ti ripaghi quanto hai fatto e il tuo salario sia pieno da parte del Signore, Dio d’ Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti” (Rut 2:12) a dire la salvezza universale delle genti (Rut) e poi, di nuovo, anche di Israele.
Le parole dell’ultimo versetto: “Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, ci riportano al momento dell’ingresso di Gesù nella santa città di Gerusalemme. Davanti e dietro a Gesù c’è la folla di chi lo seguiva dalla Galilea. La città non sembra accogliere il Cristo. Della città si diceva che “fu scossa” (come quando arrivarono i magi a cercare il Re dei Giudei che era nato); e i capi non lo hanno accolto, né accoglieranno quelli che successivamente saranno inviati a loro.
Oggi ci viene data questa immagine: la “loro” casa sarà lasciata loro deserta. Sembra che l’azione suprema davanti a questo rifiuto sia quella di lasciare la casa abbandonata a sé stessa. Gerusalemme che è sempre stata innanzitutto la città di Dio, da Lui amata, in cui l’amore di Dio e la devozione degli uomini si incontravano. Così come il tempio è la casa di Dio: “la mia casa è casa di preghiera per tutti i popoli”. Oggi viene detto: “la vostra casa”: è già un giudizio. Poi c’è peraltro questo rimando: “… finchè non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. È immagine aperta a questa nuova prospettiva, è profezia che dopo la morte del Signore sarà aperta una ulteriore possibilità. E Gerusalemme che non aveva voluto/potuto accogliere il Messia umile che veniva a lei, avrà una nuova possibilità di acclamarlo così come suo Re e salvatore.