Caro don Giovanni, sono una vecchia signora sola, e abito in campagna, nella provincia di Bologna. Molti anni fa lei mi aiutò a trovare una donna che potesse aiutarmi nelle mie difficoltà. Non c’era ancora la bella iniziativa Rut e Noemi del suo fratello reverendo Martino, del quale mi hanno parlato bene in tanti. Quella donna è stata una salvezza. E’ ancora con me. Se penso a prima, che stavo anche meglio, ero una povera e con lei tutto è stato più facile. Adesso siamo come sorelle. Io sto con mia figlia un mese quando lei torna al suo paese. Poi torniamo insieme. Lei fa il sacrificio di essere lontana dalla sua famiglia, marito e tre figli grandicelli. Però li aiuta molto perchè io le do tutto quello che posso. Con tutto quello che si sente alla televisione, io le chiedo don Giovanni, chi è il povero, questo mio angelo che ha cambiato la mia vita, o io che ero sola con la mia vita difficile? Intanto la ringrazio ancora mille volte, e scusi gli errori perchè ormai quasi non so scrivere perchè sono di novanta anni. Ossequi. Lettera firmata

Che bella lettera mi ha spedito, cara Signora. Sono commosso per la sua gentile memoria. Della vicenda di Martino e della sua cooperativa bisognerà che parliamo anche nella nostra rubrica. Intanto mi fa piacere entrare nell’argomento che lei propone. Dunque, chi è il povero? Questa mamma che lascia la sua famiglia per sostenerla con il suo lavoro, e per questo si esilia dai suoi cari per svolgere un umile lavoro? O Lei che l’ha ricevuta con tanto affetto e che da questa persona riceve tanto bene?

Proprio in questi giorni mi sono incontrato, nel Vangelo secondo Marco, in quel uomo troppo ricco che tristemente rinuncia a mettersi in viaggio con il Signore. Secondo Marco, non era un giovane. Forse, anzi era abbastanza anziano da poter guardare tutta la sua vita per coglierne il significato più profondo. Di bello quest’uomo ha che, pur non mancandogli niente, avverte dentro di sè una misteriosa povertà. La percezione che qualcosa gli manca. Si può addirittura pensarlo come uno dei "poveri in spirito" di cui cantano le beatitudini evangeliche. E il Signore lo rassicura circa il volto buono della sua vita: l’osservanza dei comandamenti di Mosè fin dalla giovinezza gli consente di guardare con pace al cammino della sua vita.

Ma siccome Gesù coglie in lui questa sete interiore, lo guarda con amore e lo invita a lasciare ogni sua ricchezza per avere un "tesoro nel cielo" attraverso i poveri che riceveranno il suo aiuto. E quindi lo chiama a seguirlo. Ma l’uomo non riesce ad accogliere l’indicazione di Gesù. Le sue molte ricchezze lo imprigionano nella tristezza di un rifiuto e di una strada di solitudine. Quest’uomo ricco è in realtà un povero. Lo è in senso positivo, dicevo prima, perchè nelle cose di Dio e nelle vicende del nostro spirito, è positivo essere sempre affamati e assetati di un dono divino che non si può mai possedere per intero, e che, nella sua meraviglia, suscita nel cuore un’incessante bisogno di cammino e di crescita.

Ma purtroppo è povero perchè la sua indigestione di benessere lo costringe alla povertà terribile della sua solitudine da Gesù. Lei, cara Signora, oggi ci insegna che la compagnia e la comunione con questa donna straniera, proprio come la biblica Rut per l’Ebrea Noemi, è diventata la sua preziosa ricchezza. La povertà di risorse di quella sua sorella e amica è diventata ricchezza per lei, che peraltro permette a questa mamma di famiglia di sostenere la vita dei suoi cari. Forse siamo tutti poveri. Ed è bello che questo ci faccia capire che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri. Per questo Gesù ci ha lasciato il compito di "lavarci i piedi gli uni gli altri". Ognuno ha bisogno dell’Altro. E non c’è nessuno che non abbia da dare a qualcun’Altro un poco di buono. Le cose il Signore le ha pensate e fatte veramente bene. Grazie ancora, cara amica, e Buona Domenica ai lettori del Carlino. d.Giovanni della Dozza.