Il nostro discorso intorno a questioni bioetiche e mediche prosegue questa settimana con un gruppo di parrocchiani e amici, tra cui ben cinque medici. Stiamo camminando nei pesaggi incantati della Navarra, lungo il cammino che porta verso Santiago. Le pale eoliche che contornano i contrafforti montagnosi mi fanno pensare all’eroe di Cervantes e ai suoi progetti per cambiare il mondo con cavalleria e cortesia. Così un po’ anche i nostri discorsi. I cinque medici mi aiutano molto a pensare attraverso la loro esperienza quotidiana.

Mi viene in mente che nel suo bel libro "Nemesi medica" Ilich scrive che più sono i medici più aumentano le medicalizzazioni e le malattie. Il discorso va verso i trapianti e il costo enorme per ognuno. A Bologna se ne fanno molti. Ed è gran bella cosa. Ricordo quando ormai diversi anni  fa la mia cara amica Ada Pedrazzi mi diceva con serenità che le era stato chiesto di rinunciare a questo progetto perchè il bisogno di molti molto più giovani chiedeva che lei rinunciasse a loro favore. Costi molto alti, si diceva. E qualcuno faceva osservare che con la spesa di un solo trapianto si pagherebbe la vaccinazione di un intero paese africano. In questi giorni c’è molto tempo per pregare e riflettere nelle ore di cammino, e quell’osservazione mi torna alla mente ed al cuore. Mi nascono pensieri che forse sono solo improbabili fantasie. Mi dicessero che devo essere trapiantato e io dicessi che devo cercare una cifra di denaro corrispondente al trapianto che io senza spesa potrei fare, per mandare questa gran cifra alle mie sorelle che si occupano di AIDS in Africa… Oppure, più semplicemente, potrei dire d’essere vecchissimo per l’età media di un paese africano, e che volentieri, come l’Ada, rinuncerei al trapianto e proverei piuttosto a convertirmi prima di comparire davanti al giudizio di Dio. Fantasie. Però mi piacerebbe continuare la conversazione, che, sempre nel desiderio di cercare vie per una buona morte cristiana, potesse sperare in un clima più "famigliare" in questa bella e terribile "casa del mondo", dove siamo ancora così lontani dal riconoscere e dal vivere come fratelli, figli tutti dell’unico Padre di Gesù. Intanto anche questa notte, nell’ospitale rifugio dove abbiamo riposato, eravamo più di cento nello stesso camerone, e mi chiedevo con curioso imbarazzo dove finisce la mia disinvoltura nel considerare mio fratello anche il grosso ospite che dorme due letti più in là e che russa come l’antica locomotiva della Val Gardena. Buona Domenica. d.Giovanni