Papà di Eluana mostra una sua foto"Come reagisci alla notizia di questa decisione per la ragazza nutrita artificialmente?" mi chiedeva per telefono un amico. In modo doloroso, ma anche inaspettato. Immediatamente ho pensato più al suo papà che a lei. Con dolore, dicevo, ma anche con un grande rimorso, quasi anche vergogna.

Una domanda che mai era venuta prima dentro di me: Perchè non sono andato a trovarlo? Perchè non ho condiviso la sua angoscia e la sua prostrazione? Perchè non mi sono messo a fianco della sua fatica? E questo equilibrava l’altro pensiero, non attuabile. Non potremmo occuparcene noi, con pace e gratitudine? Noi sappiamo che cosa vuol dire l’esistenza di una persona che a tutti può sembrare quasi irreale per la sua incapacità di contattare il mondo intorno. Eppure, quanto ci è cara quella persona.

Adesso non è il momento di entrare nel problema specifico. Pensieri ne ho: per esempio su tutti quelli che facciamo morire per malattie curabili, tra le braccia e nell’affetto delle mie sorelle che stanno in Africa intorno al flagello dell’AIDS, per i medicinali che non gli inviamo. O addirittura perchè certi medicinali contro l’AIDS li può assumere chi non è denutrito. Altrimenti è peggio! Questi casi non fanno caso.

Eppure la cosa è molto più schiacciante. Perchè le soluzioni ci sarebbero, e a noi costerebbero molto poco. E anche per il nostro pezzo di mondo mi pare ci siano davanti prospettive preoccupanti. Non è certo la prima volta che si entra in un tunnel – un tunnel che esige dietro a se molta teconologia e molti soldi – ma poi non possiamo più uscirne.

Adesso noi cristiani abbiamo davanti soprattutto il grande tema di un Vangelo da annunciare come Buona notizia, e non come giudizio che in realtà non facciamo scaturire dalla notizia bella di Gesù, ma da evidenze scientifiche e razionali che non trovano l’adesione di chi ci aspetteremmo. I trapianti che si fanno in un anno a Bologna costano il bilancio di un grande stato africano. Mi piacerebbe che si creassero le possibilità legislative di rinunciare per se stessi a cure troppo dispendiose se queste si trasformassero in solidarietà e carità verso persone e terre prive di tutto, anche del necessario per sopravvivere.

Che sia possibile sperare che il caso della ragazza e del suo papà possa diventare occasione di una conversazione più pacata e più impegnata? Che noi cristiani possiamo più profondamente verificare se non sia per caso il vecchio Vangelo a darci la risposta buona? E magari buona non solo per noi ma anche per chi non s’appoggia al Vangelo, ma è pur sempre riconosciuto dal Vangelo come un figlio di Dio? d.Giovanni.