7 Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, 8 ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. 9 Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. 10 Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione. Non dev’essere così, fratelli miei! 11 La sorgente può forse far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? 12 Può forse, miei fratelli, un albero di fichi produrre olive o una vite produrre fichi? Così una sorgente salata non può produrre acqua dolce.
Giacomo 3,7-12

Quel “nessuno la può domare” (ver.8), è particolarmente drammatico. Si tratta dunque di un male inevitabile, irrimediabilmente connesso con la nostra natura ferita? Affido questo alla vostra preghiera!
Da parte mia ho cercato di concentrarmi sul ver.9, e dunque sul male di quella “maledizione” che gettiamo sugli “uomini fatti a somiglianza di Dio”.
Mi sembra che quando Giacomo al ver.10 esclama severamente e quasi disperatamente quel “Non dev’essere così, fratelli miei”, nella stessa affettuosità dell’espressione “fratelli miei” voglia portarci a contemplare la meraviglia e l’assoluta preziosità del nostro essere fratelli, perché siamo figli dello stesso Padre!
E dunque sono portato a pensare che il dramma di questa “lingua”, capace di benedire Dio e come prigioniera del suo maledire “gli uomini fatti a somiglianza di Dio”, ci indichi la vera via della nostra conversine, e cioè la meraviglia e la gioia del nostro essere figli di Dio! Tutti, senza esclusione!
E dunque l’invito a dare prima rilevanza in noi alla paternità di Dio e al nostro essere tutti fratelli!
Forse è proprio partendo dalla memoria profonda e sempre nuova di questa unica meravigliosa famiglia di tutta l’umanità, che potremo convertire e come costringere la lingua a benedire e a non maledire!
Se vale questa ipotesi, sarà proprio la nostra potente relazione di figli al Padre, la preghiera stessa del “Padre nostro” nel suo mirabile esordio che non conosce il Padre come “mio Padre”, se non perché prima di tutto “Padre nostro”, forse proprio questa presenza potente e assoluta del Padre in ogni nostro pensiero e azione, forse proprio questo può essere il principio che riconsegna “la fonte” della nostra lingua alla dolcezza infinita dell’amore di Dio Padre.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.