Articolo pubblicato su “Repubblica.it – Bologna” del 13 Agosto 2015

Foto da http://m.repubblica.it/

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Don Giovanni Nicolini: “Apriamo le porte a chi non ha un tetto”
di CATERINA GIUSBERTI
(ore 13.48 del 13 agosto 2015)
Intervista al prete delegato di Merola per l’accoglienza: “A settembre un piano col sostegno del volontariato”

“CHIEDEREMO alle famiglie che se la sentiranno di aprire la porta di casa a chi ha bisogno”. Don Giovanni Nicolini, consigliere del sindaco Merola in materia di accoglienza e immigrazione, osserva le polemiche sull’emergenza abitativa di Bologna dall’alto, anche fisicamente, da una scuola di pace sulle montagne della Lombardia. Spariglia le carte sui profughi, sul disagio abitativo, sulle occupazioni. Anticipa il frutto del suo lavoro di questi mesi in tre parole: “accoglienza diffusa gratuita”: “A settembre faremo una proposta strutturata alla società civile: chi vorrà intraprendere questo percorso sarà sostenuto da una rete di volontariato, e dai servizi sociali”. Insieme al sindaco, lancerà anche “un progetto di volontariato giovanile importante e una grande discussione pubblica sul tema dell’abitare”.

Don Nicolini, Bologna negli ultimi mesi è una sequela di sgomberi, occupazioni e arrivi di profughi. Ce la facciamo ad accogliere tutti?
“Mi sembra anzi che i servizi della città stiano facendo il loro dovere, malgrado i problemi. Di per sé il clima mi sembra sereno, per questo mi dispiace quando si aggredisce ingiustamente la fragilità delle persone, che è anche la nostra. Davanti non abbiamo solo problemi, ma anche domande interessanti, da cogliere, se vogliamo preparare una generazione più pronta a rispondere a quello che il mondo chiederà. Dobbiamo sforzarci di pensare in grande. Di fronte ai grandi teatri della povertà e della guerra siamo in un giardino privilegiato”.

Questo vuol dire che lei è favorevole alle occupazioni?
“Hanno avuto un significato in questi mesi. Sulla cultura e sulla politica dell’occupante è difficile dare un giudizio. Qualche volta fanno innervosire, altre esprimono iniziative coraggiose e generose. Però bisogna anche francamente dire che senza queste occupazioni ci sarebbero state molte più persone a spasso, a Bologna, negli ultimi mesi. Ed è quello che ora temiamo, per quando le occupazioni finiranno”.

Da giovane occupava anche lei?
“Io sono un ex sessantottino (ride). Gli ambienti erano molto vivaci. Una volta che abbiamo occupato anche noi, tutti vestiti da preti”.

Come funzionerà questa accoglienza diffusa?
“Sarà un percorso strutturato: nessuno può essere esposto a un’avventura difficile se alla sua disponibilità non corrisponde un’assistenza quotidiana. Noi saremo presenti, daremo delle linee guida. Per esempio che l’ospitalità deve essere gratuita. Le famiglie che vorranno accogliere offriranno vitto e alloggio, per un determinato periodo”.

A Bologna c’è chi lo fa già?
“Ma certo, è un costume. Sare- mo anche cattivi ma abbiamo una tradizione culturale, non dico solo religiosa, di accoglienza. Io ho la fortuna di avere avuto sempre una vita molto visitata da queste vicende e lo considero un grande regalo”.

I sindaci sono preoccupati.
“Bisogna rispettare le piccole realtà, sono delicate, ci vuole molta concertazione. Poi sì, che ci sia una sottocultura leghista preoccupante è vero, non possiamo stupirci, ci siamo dentro ogni giorno. Per questo credo che bisognerebbe parlare molto, confrontarsi. Vorrei che gli amministratori di Bologna convocassero la gente di continuo”.

Che cosa succederà a settembre?
“Sto sondando il terreno per una consultazione popolare, ho già risposte positive. Vorrei che partisse un appello forte, semplice, intelligente, a un grande impegno collettivo di volontariato. Attorno a me vedo un grande desiderio di partecipare. I giovani vengono a trovarmi e mi dicono che hanno voglia di fare politica, a me che sono un vecchio prete. Ci sono parti attive, forti, propositive, che aspettano solo di avere uno spazio, in questa città”.