(Domenica 24 ottobre 2010) Ci aspettano oggi in chiesa due personaggi straordinari: il fariseo e il pubblicano della parabola che solo Luca tra gli evangelisti ricorda. Tante cose si possono dire di loro… e tante ne sono state dette e scritte! Ve ne scrivo, cari amici lettori di “cose di questo mondo”, perchè mi avvicino con un certo tremore alla domenica e all’omelia che giustamente i miei parrocchiani si aspettano dal mio compito di prete e di parroco.

M’è successo che con lo scorrere dei giorni di questa settimana, e arrivato ormai agli sgoccioli – vi scrivo alle dieci di sera di venerdì – mi trovo sbilanciato rispetto ad altri pensieri che questi due personaggi mi avevano suggerito in altri tempi, e lontano anche da molte “note” delle nostre bibbie.

M’è cresciuta nella testa e nel cuore una gran simpatia per il fariseo, e insieme una certa fifa per il coraggio del pubblicano, che mi sembra sempre più troppo grande per le mie misure timide e mediocri. Povero caro fariseo! Sempre confinato e stretto tra la preoccupazione di stare alle regole e il sospetto che mai ci si arriva. Povero fariseo, così sommerso dalla preoccupazione di essere adeguato a Dio da non accorgersi che Dio gli vuol dare una mano, e più di una mano, perchè ha capito che ben poco riuscirà a mettere insieme. Povero fariseo, così impegnato a non essere come tutti gli altri e così illuso di riuscirci a forza di digiuni e di offerte.

Mi affascina e mi intimorisce invece l’audacia del pubblicano che lascia da parte ogni possibilità – o illusione – di mettersi a posto, e chiede a Dio di prenderlo così com’è e di portarlo per la via nuova – e sconosciuta al “mondo” ( io vivo a cento metri dal carcere della Dozza) – della misericordia e del perdono. Invidio questo pubblicano che rinuncia ad ogni ipotesi di fare per bene e chiede a Dio di prenderlo così com’è. Vedo il mio povero fariseo prigioniero del suo stare eternamente in bilico tra il bene e il male mentre il mascalzone pubblicano lo sorpassa esultante mentre corre portato tra le braccia della misericordia di Dio.

Si può avere il coraggio del proprio essere peccatori? Si può naufragare tra le braccia del Signore perchè Lui ci prenda così come siamo? Di lui la parabola dice che “tornò a casa sua giustificato”. Cosa vuol dire? Che Dio ha rinunciato all’idea di vederlo per bene e lo ha avvolto del gran bene di suo Figlio Gesù che copre la sua miseria con l’abito battesimale e nuziale del suo sacrificio d’amore. E il mio povero fariseo? Per lui niente! Niente, dice la parabola “a differenza dell’altro”.

La parabola non ci dice che il pubblicano mascalzone sia diventato una brava persona. Ma lo possiamo pensare perchè un po’ sappiamo di come faccia bene lo stare tra le braccia misericordiose di Dio. E dell’altro, che diremo? Speriamo che rinunci anche lui a lottare nell’inutile fatica per essere bravo e, come dice un vecchia preghiera della bibbia, si accontenti della “gioia di essere salvato”. Che non è poco! Buona Domenica a tutti. Giovanni della Dozza.