1 Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. 2 Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. 3 A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, 4 perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! 5 Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.
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La responsabilità di chi annuncia e testimonia il Vangelo è interamente collocata in Dio. E la sua autorità di “amministratore dei misteri di Dio” è strettamente legata al suo essere “servo di Cristo” (ver.1). Quello che gli è richiesto è che egli sia “fedele” (ver.2). E questo è così radicale e profondo, da rendere impossibile e inopportuno, come vedremo, ogni “giudizio”.
Neppure il giudizio della propria coscienza è quello decisivo: “Anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato” (ver.3). Come conseguenza, Paolo dice che poco gli importa anche il giudizio degli uomini, perché, aggiunge: “Il mio giudice è il Signore!” (ver.4). E’ molto interessante, e pone molti interrogativi, la considerazione conclusiva: “Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo”. In fondo, non solo le persone, ma tutto, deve essere rimandato al giudizio divino! Solo il Signore “metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori” (ver.5). E’ molto interessante che egli dica che anche nelle “tenebre”, cioè negli spazi più scuri della storia, ci sono dei “segreti”. Così come sono insondabili “le intenzioni dei cuori”.
Ci potremmo chiedere come allora si possa camminare e discernere nella vita personale e collettiva. La risposta che propongo, e che sottopongo al giudizio di ciascuno di voi, è che il nostro giudizio deve essere sempre, in ogni modo, “salvifico”. Deve cioè sempre tendere ad aprire per ciascuno e per tutti la via della conversione e della salvezza. Non può mai essere un giudizio definitivo e senza appello. Non può mai essere un “per sempre”, che non ci appartiene. E questo costringerebbe a rivedere molti giudizi, che rischiano di sostituirsi e di oltraggiare quel giudizio di Dio che solo Lui esercita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Molto significativi questi termini con cui Paolo designa se stesso e gli apostoli (di tutti i tempi): “ministri”, alla lettera “rematori subordinati”, operai di basso rango; più alta la designazione di “amministratori”; sappiamo però che tali erano normalmente degli schiavi che si occupavano degli affari e dei beni dei loro padroni. Via, allora, orpelli, anelli, inchini e genuflessioni, “eccellenza, eminenza” e così via. – Grazie a don Giovanni per le importanti considerazioni sul giudicare, utili per noi che siamo abituati a dare “valutazioni critiche”, spesso negative e definitive. – Anche nei versetti odierni trovo la frase straordinaria: “Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode”. Quel giorno vedremo con chiarezza in tanti punti oscuri della nostra persona, della nostra storia e di quella del mondo; ma non per vergognarci, o per vendicarci…, bensì per ricevere la lode, il giusto riconoscimento e apprezzamento dalla bontà e dalla misericordia del Padre.