30 Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33 Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
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Mi sembra che a questo punto del cammino che il Signore ci regala nel Vangelo secondo Giovanni, comincia ad essere più chiaro e semplice il tema delicato del rapporto tra fede e segni della fede. Nei versetti precedenti al nostro brano Gesù indicava la fede in colui che il Padre ha mandato come “l’opera di Dio”. La fede in Gesù è dunque l’opera fondamentale del credente! Dunque, non una strada che va dai “segni” alla fede, ma la vita della fede, quella nella quale la fede ci consente di vedere tutti i “segni” della fede stessa. Ma è significativo che i giudei non riescano ad entrare in questa prospettiva. Anche noi dobbiamo incessantemente recuperare questo cammino!
Essi gli chiedono quale segno Gesù compia, affinchè essi possano credergli. E per questo citano il grande evento della manna come esempio privilegiato di un segno che conduce alla fede. Ma è proprio riprendendo quella memoria della storia della salvezza che si constata che anche la manna non è stata un segno per credere, ma un evento divino cui i padri ebrei hanno “obbedito”.
E tuttavia quell’evento divino era a sua volta “profezia” dell’evento attuale, nel quale, dice Gesù, “il Padre mio vi dà il pane del cielo, quello vero”(ver.32). L’antico dono della manna che i padri hanno accolto profetizzava il dono attuale, perché il vero “pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”(ver.33). Come gli antichi padri accolsero il dono della manna, ora noi accogliamo Gesù, che è “il pane del cielo, quello vero”. Per dire tutto più banalmente, non è la manna che “dimostra” Gesù, ma è Gesù che “dimostra” la manna. Solo Gesù infatti può mostrare come quell’antico evento nel deserto era “segno” di Lui. Solo partendo da Gesù possiamo cogliere tutto il senso profondo di quell’antica profezia, che peraltro era solo “profezia” di quell’evento che nella pienezza dei tempi sarebbe stato Gesù, il pane vero.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
La nostra logica “razionale” ci fa dire la stessa cosa degli interlocutori di Gesù:se vediamo un segno, siamo disposti a credere. Anche questa volta Gesù capovolge tutto: prima credi e così diventerai segno per te stesso e per gli altri! I padri mangiarono la manna: un fatto del passato, che ebbe anche brutte conseguenze a causa della ingordigia del popolo. Il Padre (in contrasto con “i padri”) dà il pane dal cielo, cioè di origine divina, quello vero; esso dà vita non solo a Israele ma al mondo tutto: “Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”.
Dall’opera al segno. Il segno è l’opera compiuta. La manna è il segno che il Signore diede ai nostri padri. Questa è la logica umana: la logica del visibile, del segno come indicatore dell’opera. Anche la chiesa è secondo me spesso vittima di questa logica: guarda quanti siamo. Il catechismo ha successo se vediamo i risultati. Gesù parla di pane dal cielo. La mannna era pane dal cielo, ma Gesù sottolinea; c’è un vero pane dal cielo e sono io. Il segno rimane anche nella risposta di Gesù ma si trasforma in Lui: io sono il segno, sono l’opera. Il risultato, il segno delle nostre azioni deve essere sempre Lui: Gesù. Non chiediamoci mai se le nostre azioni avranno successo; chiediamoci piuttosto Chi rivelano