39 Ma tu lo hai respinto e disonorato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40 hai infranto l’alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41 Hai aperto brecce in tutte le sue mura
e ridotto in rovine le sue fortezze;
42 tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43 Hai esaltato la destra dei suoi rivali,
hai fatto esultare tutti i suoi nemici.
44 Hai smussato il filo della sua spada
e non l’hai sostenuto nella battaglia.
45 Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46 Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47 Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre?
Arderà come fuoco la tua collera?
48 Ricorda quanto è breve la mia vita:
invano forse hai creato ogni uomo?
49 Chi è l’uomo che vive e non vede la morte?
Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi?
50 Dov’è, Signore, il tuo amore di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51 Ricorda, Signore, l’oltraggio fatto ai tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52 con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53 Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Come all’improvviso, il grande canto delle meraviglie del Consacrato del Signore si muta nel dramma di un radicale cambiamento della sua vicenda. E di questo cambiamento Dio stesso sembra il responsabile. Lo stesso intervento di elementi di distruzione – “tutti i passanti lo hanno depredato, e divenuto lo scherno dei suoi vicini”(ver.42) – sembra del tutto interno e relativo a quello che Dio stesso opera contro il suo Messia: domina sino alla fine la seconda persona singolare – “Tu” – e cioè il male che Dio riversa su di lui.
Tuttavia, al ver.47, il discorso sembra prendere una via diversa: “Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre?” E al ver.48: “Ricorda quanto è breve la mia vita”, e questo viene a descrivere non la condizione specifica del Messia colpito da Dio, ma la condizione umana in generale: “…invano forse hai creato ogni uomo? Chi è l’uomo che vive e non vede la morte?…”(ver.49).
Gli ultimi versetti del Salmo diventano di nuovo l’affermazione dell’elezione divina, e non solo riguardo a Davide, come nel ver.50, ma anche la memoria di tutti i patimenti e le violenze subite da Israele: “Ricorda, Signore, l’oltraggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli. Forse è il Messia stesso che raccoglie in sé – e porta nel cuore – tutta la vicenda difficile e dolorosa del Popolo del Signore. Il Messia sembra portare e rappresentare tutte le sofferenze dei piccoli e dei poveri, e forse non solo di quelli di Israele. I nemici “insultano i passi del tuo consacrato”(ver.52).
Per noi è evidentemente fortissima qui la profezia di Gesù, il Cristo di Dio, e la sua obbedienza al Padre che lo manda ad inabissarsi in tutta la povertà umana, fino alla Croce.
Dopo l’elenco delle disgrazie…, il salmo si conclude con una pressante preghiera. Perché Dio dovrebbe cambiare atteggiamento e comportamento? Prima di tutto perché il suo nascondersi non può durare “per sempre”(v.47). C’è un limite a tutto, sembra dire l’orante. Poi c’è un fatto: la nostra vita è breve (v.48): se passiamo quel po’ che ci rimane nella sventura, lontano da Te, “invano hai creato ogni uomo”. Infine – e questo è l’argomento principale – “dov’è, Signore, il tuo amore di un tempo?”(v.50): sapevamo che il tuo amore è fedele, che la tua benevolenza è stata stabilita nei cieli. Hai giurato e quindi attendiamo fiduciosi. – Possiamo concludere allora con le parole della breve ma bella dossologia: Benedetto il Signore in eterno. Amen. Amen.