11 Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. 12 Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
13 Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, 14 ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,
15 che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
16 il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.
Seleziona Pagina
Paolo esorta Timoteo a fuggire dal pericolo di desiderare e cercare successi e potenze mondane, come erano segnalate nei versetti precedenti. L’impegno è invece quello di far pienamente fiorire il dono di Dio, e si attua nella comunione sempre crescente con la Persona di Gesù. Questa è “la buona battaglia della fede” (ver.12) tesa a conquistare sempre più profondamente la fisionomia stessa del Signore, e dunque le sue preziose luci: “la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza” (ver.11). Questa è “la vita eterna”, cioè la vita di Dio, “alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni”. Questa “professione di fede” ha la sua ikona, il suo modello e la sua fonte, in Gesù Cristo “che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato”. Di tale testimonianza, la memoria evangelica più forte è quella ricordata in Giovanni 18,36-37! Dunque il supremo dono del Padre è Gesù, e la nostra vita è chiamata ad assimilarsi sempre più ad essa. Per questo, Timoteo deve “conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento – e cioè il mandato che ha ricevuto dalla comunità – fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo”. Tale manifestazione sarà quella della gloria finale del Signore.
Così, infatti, sarà quella che noi diciamo “la fine del mondo”: la pienezza della presenza e della potenza di bene del Signore Gesù. E’ quello che i vers.15-16 vogliono esprimere, con una concentrazione straordinaria sulla Persona di Gesù, così come il Padre lo rivelerà.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Belli quei versetti finali che, secondo le note, apparterrebbero a una preghiera, un inno liturgico. Tra i primi cristiani vi erano dei veri artisti e poeti. Tra le immagini, mi colpisce l’attributo “re dei re e signore dei signori”: è affermata tutta la regalità e la signoria divina, ricordando però che lo splendore della regalità di Gesù si è mostrato sulla croce e la sua signoria lo ha fatto nostro servo. – Ugualmente affascinante è quella espressione: “abita una luce inaccessibile”. Inaccessibile per noi uomini…, se non fossimo stati chiamati ad entrarvi e a goderla fin da ora e poi per sempre.