13 Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.
14 E questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta. 15 E se sappiamo che ci ascolta in tutto quello che gli chiediamo, sappiamo di avere già da lui quanto abbiamo chiesto.
16 Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a coloro, cioè, il cui peccato non conduce alla morte. C’è infatti un peccato che conduce alla morte; non dico di pregare riguardo a questo peccato. 17 Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte.
18 Sappiamo che chiunque è stato generato da Dio non pecca: chi è stato generato da Dio preserva se stesso e il Maligno non lo tocca. 19 Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno. 20 Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna.
21 Figlioli, guardatevi dai falsi dèi!

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L’annuncio forte e pieno circa la vita eterna – cioè la vita stessa di Dio! – che ci è stata donata (ver.13), ha una sua meravigliosa conferma ai vers.14-15 nelle parole che ci dice sulla nostra preghiera. La preghiera è infatti non un “metodo” per convincere (o costringere) Dio a fare quello che vogliamo noi, ma come l’evento supremo della nostra comunione con Lui. Nella mia vita molte volte mi sono interrogato sul passaggio della preghiera del Padre Nostro in cui si chiede che “sia fatta la tua volontà”, e sempre di più mi è entrata nella mente e nel cuore la certezza che questa è la vera direzione della preghiera. Il suo vero volto. E’ il privilegio straordinario di essere partecipi della storia della salvezza che Dio dispone e conduce per noi. Supplicarlo e ringraziarlo incessantemente è l’atto più alto che possiamo esercitare nella nostra vita. Comunione, confidenza, condivisione, partecipazione appassionata…Ormai molto raramente chiedo a Dio qualcosa di mio. Ho troppo ben visto che la cosa più bella e importante è che tutto si compia secondo la sua volontà! E che da parte mia e nostra non c’è niente di più importante che essere partecipi del suo disegno d’amore.
Per quello che riguarda il peccato, io non riesco a condividere la versione italiana che parla di un peccato “che non conduce alla morte” o che “conduce alla morte”. Mi sembra si parli di un peccato “verso la morte” o “non verso la morte”. E forse si può pensare al peccato dell’anticristo, alla volontà e al progetto del Nemico, che nega radicalmente l’umanità del Figlio di Dio e quindi lo splendore della fede di Gesù che tutto coglie nella dimensione del dono di Dio, e di questo Dio che scende e si fa piccolo tra noi!. Il peccato “verso la morte” non è in questa direzione correggibile, e passa attraverso la morte-risurrezione di chi lo commette. Non lo si può quindi togliere nel cammino, ma esige una vita nuova! Forse per questo bisogna pregare.
Ringrazio con voi il Signore per questa straordinaria passeggiata nella vetta della rivelazione cristiana! Aiutiamoci a ricordare, nel tempo della prova, la bellezza e la potenza di quanto abbiamo ascoltato e celebrato. Grazie a voi per tutti i segni di vicinananza e di affetto che mi avete fatto avere in queste settimane.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
v. 13 “Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.”. Poco prima (v.11) avevamo ascoltato che questa è la testimonianza sicura che riceviamo da Dio, che Lui ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio. Oggi riprende questa affermazione confermandoci che abbiamo la vita, non per nostra capacità o volontà, ma perché Dio ha voluto donarcela nel suo Figlio. Da questo testo riceviamo una serie di certezze, consolanti, introdotte da questa parola: “sappiamo…”, come conseguenza della Pasqua del Signore e del suo sangue versato per noi. Queste certezze sono: che il Signore ora intercede per noi e la presenza dello Spirito Santo ci dà la certezza di essere esauditi. Un’altra certezza è quella di non peccare, perché siamo nati da Dio. E se in fondo dal peccato non ci si libera mai, perlomeno dal ricordo di esso, è per noi come per quell’adultera a cui Gesù dice: “Va e non peccare più”, dandole il perdono e la liberazione dal peccato. E’ la possibilità di vivere liberati dal peccato e dalla sovranità che il maligno ha sul mondo. Infine la certezza di essere “in Cristo Signore”: “Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Rom 8:1). Queste certezze contengono anche dettagli importanti, sono infatti affiancate da memorie di vittorie precise sul maligno, sono luci che brillano in oscurità. “… e il maligno non lo tocca” (v.18); “… mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (v. 19); “…Figlioli, guardatevi dai falsi dei!” (v.21). E questo è importante, perché il ricordare e sapere quale sia il dono ricevuto (anche attraverso la lettura di questa lettera) non è una cosa scontata, ma è una grazia data nel contesto del mondo, quando siamo liberati dal maligno e dai falsi dei che si avvicinano al nostro cuore, ma sono vinti da Gesù. “… qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta.” Secondo la sua volontà: è importante mettere tutto nella Sua misericordia, grazia, bontà. Come Gesù nel Getsemani chiede che sia fatta la volontà del Padre. Ed è importante che l’esempio che ci viene dato per questa preghiera è la preghiera per il fratello che viene visto commettere il peccato (v. 16): si prega non per noi, ma per chi ci è vicino, e perché lui sia liberato, “abbia la vita”. v. 20 “Sappiamo anche che ….” E’ bene rimanere in questo sapere che “il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’ intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna”. Ci ha dato – come ai discepoli di Emmaus, dopo la sua resurrezione – la possibilità di comprendere il senso delle Scritture, affinchè “conosciamo il vero”, la sua pasqua, Gesù, il vero Cristo e il vero Dio. Questo ci custodisce in Lui, così poi possiamo custodire quello che ci ha ordinato: “Figlioli, custodite voi stessi dagli idoli!” (v.21). Il “peccato per la morte” e quello che “non è per la morte” (vv. 19-20): forse non è questione di un elenco che lin distingua. Ricordiamo che al cap. 3 abbiamo ascoltato: “Sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Colui che ama non sta nella morte”. Il peccato “non per la morte” sono quelli che il fratello fa nella via, nel cammino, in cui però “amiamo i fratelli, dove è possibile correggere, anche attraverso la preghiera. Altrimenti è tutta la vita ad essere sotto questo impedimento: il peccato è quello di non amare, perché chi “odia il fratello è omicida, e nessun omicida possiede in sé stesso la vita eterna.” (3:15). Resta che (trovandoci nell’incertezza nel valutare l’origine del peccato del fratello), vedendo un fratello commettere un peccato, è più salutare per lui e per noi, – piuttosto che giudicarlo – pregare il Signore per lui, affidandolo alla misericordia di Dio, perchè l’amore di Dio sia ricreato nel fratello per la grazia della Pasqua di Gesù.