1 Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. 2 È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
3 Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. 4 Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. 5 Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. 6 Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato.
7 Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. 8 Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera. 9 Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. 10 Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. 11 Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
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La Scrittura come orizzonte e come nutrimento della vita nuova, liberata dal male e dalla morte. La nostra vita nuova è interamente avvolta dal mistero e dalla persona di Gesù Cristo, il giusto. Egli è infatti la vittima di espiazione che finalmente rivela in pienezza quello che l’antica liturgia del tempio profetizzava con i suoi sacrifici espiatori. E Gesù è “la vittima di espiazione non solo per i nostri peccati, ma anche per quelli di tutto il mondo”. Consegnamoci profondamente a queste parole che ci regalano tutta la potenza di salvezza universale di Gesù.
Essere cristiani ci apre la possibilità di essere pienamente partecipi e consapevoli del dono di Dio che è Gesù. La nostra custodia (dico così perchè non si tratta di un’osservanza esterna e giuridica) di tutte le sue parole è la luce e la guida della nostra vita (questo mi sembra il significato profondo del termine “comandamento”) che ci custodisce! La conoscenza di Gesù è quindi l’esperienza viva della sua Parola. Mi sembra si possa esplicitare il senso del ver.4 dicendo che il Vangelo di Gesù è la fonte della conoscenza e dell’esperienza di Lui nella nostra vita.
Il ver.5 è molto importante perchè vuole affermare che c’è un volto globale, un’unità profonda di tutto il comandamento evangelico, ed è l’Amore di Dio! Dunque, la custodia della sua Parola è esperienza piena dell’Amore di Dio: l’Amore di Dio è veramente perfetto in chi osserva la Parola di Gesù. E’ “essere in Lui”(ver.5). Ma “rimanere in Lui” non è stare fermi! E’, come dice il ver.6 alla lettera, “camminare come Lui ha camminato”!
Tutto questo è comandamento antico e nuovo. Vi dico come ricevo queste parole dei vers.7-8. Il comandamento è antico perchè è la Parola che era fin da principio: “Dio disse: sia la luce”(Genesi 1,3). E’ la Parola che ha creato e guidato la creazione e la storia e che ha trovato in Israele la sua tenda. Il comandamento è nuovo perchè in Gesù tutte le tenebre si diradano e appare la luce vera.
Pienezza della luce coincide con la piena rivelazione-attuazione del comandamento dell’Amore che raccoglie in sè tutte le Parole-comandamento di Dio. L’odio del fratello denuncia che l’esistenza umana è ancora nelle tenebre. L’amore del fratello è quella luce nella quale cammina e rimane chi è nella vita nuova.
Tutto quello che oggi ascoltiamo è luminosamente semplice e insieme assolutamente immenso. Perdonate se non so dire di più!
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Quello di Gesù è un comandamento “nuovo” non nel senso che vada ad aggiungersi ai precedenti, bensì nel senso che è tutt’altra cosa. In realtà, come suggerisce anche don Giovanni, non è nemmeno un comandamento nel senso che noi intendiamo normalmente: e difatti, è la proposta, la richiesta di rispondere all’amore del Padre. Si può chiedere di amare sotto comando?… – Tra le varie cose su cui potrei “balbettare”, preferisco le parole del v.10: “Chi ama suo fratello, rimane nella luce…”. E’ proprio questa la via regale. Anch’io, quando mi trovo nel dubbio, nella verifica di “non combinare niente”…, prendo questo come aspetto sicuro e luminoso: provare a voler bene e favorire il benessere, la serenità di chi ci sta attorno, e il Padre si occuperà di noi. Che scambio!
forse non dovremmo mai dimenticare che il comandamento dice “ama il prossimo come te stesso” il che forse significa che non si può amare il prossimo se non si ama in primo luogo e in pari misura se stessi
Nel nostro brano di oggi ricorre molte volte la parole “conoscere”, che indica una relazione intima (come oggi ci viene ricordato dalle parole di Maria all’angelo: “Non conosco uuomo?”). Collegando le parole del v. 3: “Da questo conosciamo di averlo conosciuto…” a quelle del v. 5: “Chi custodisce la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto/compiuto” e ricordando che questa parola “compiuto/perfetto” è – secondo quello che leggiamo nel Vangelo di Giovanni – l’ultima parola detta da Gesù sulla croce, a esprimere la pienezza del dono di sé, della sua vita per amore dei fratelli, possiamo dire che questo dunque è il vero modo per “conoscere”: amare il Signore e amare i fratelli, dare la vita per Lui e per loro. E’ questo che Gesù ci ha insegnato e mostrato: amare il fratello, stare in relazione con lui, conoscerlo, è la morte di noi stessi per amore di chi ci sta vicino. Nei vv. 10-11 notiamo come un contrasto tra il “rimanere” nella luce, di chi ama il suo fratello, e l’essere/stare nelle tenebre di chi invece odia suo fratello. Rimanere, diversamente da essere/stare, vuole forse suggerire una dimora “stabile” nell’amore, un trovare casa lì. Chi invece “è nelle tenebre”, cammina nelle tenebre, e non sa dove va. E’ un vagare, come pecore erranti, bisognose dell’attenzione amorevole del pastore che le recuperi da una situazione a rischio. E’ forse la stessa differenza che c’è tra lo schiavo e il figlio, perché se lo schiavo non resta sempre nella casa, il figlio invece vi rimane sempre. Rimanere nelle luce, quindi può essere inteso come sinonimo di “essere pienamente figlio”. Lo Spirito di Dio che ci è stato dato, rimane in noi, e ci custodisce nella condizione buona di figli; in Lui possiamo dunque dire: “Abba, Padre!”, e rimaniamo in Lui. Sottolineiamo pure come non sembri esserci una condizione intermedia: o si rimane nella luce, e nell’amore del fratello, oppure si è nelle tenebre, che è odiare il fratello. Il comando dell’amore è un comando ”nuovo” (v.8). Questa novità del comando dell’amore (che in realtà è un comando anche “antico”, che già ritroviamo nei libri della Legge di Mosè) consiste probabilmente molto nel fatto che è “nuovo” per noi e in noi, nel modo in cui possiamo riviverlo nuovo giorno per giorno, per grazia di Dio, nelle nostre relazioni fraterne. Allora la “novità” di cui il brano di oggi parla è una novità esistenziale, che poggia sulla perennità dell’antico comando dell’amore, e che ogni giorno si rinnova per la presenza del Signore risorto e della sua grazia tra noi e in noi suoi fratelli. L’osservanza dei comandi non è una cosa acquisita una volta per tutte, ma è nuova tutti i giorni. E questo è “nuovo in lui e in noi: non solo per noi, ma anche per Lui, per Dio, che ce lo propone. E i vv. 9-10 allora sono una esemplificazione molto immediata e concreta (in positivo e in negativo) di applicazione di questa novità e di questo comando: essere nella luce, osservare i comandamenti, è verificato dal mio amore, oggi, per i fratelli e le sorelle che ho vicino. Dunque, piace questo paradosso che presenta il comando dell’amore come una “parola antica e insieme nuova”: la grande novità che Gesù Cristo ha portato ha questo fondamento antico: non si può prescindere dalla storia che Dio ha preparato e condotto da tutti i secoli. E’ molto forte il v. 3 “in questo sappiamo che lo abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti”: i suoi comandamenti, i suoi precetti: tutte le sue parole che abbiamo ascoltato, p. es., nella recente lettura del libro del Deuteronomio. La storia è ormai orientata al positivo, alla salvezza: “Gesù è presso il Padre per il perdono dei peccati nostri E DI TUTTO IL MONDO” (v. 2). La luce brilla e le tenebre sono passate: è la memoria di un segno della Pasqua. Dove siamo? Qui, nella luce della pasqua, che è esplosa la notte della resurrezione e si estende a tutta l’umanità.