1 Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi? 2 Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? 3 Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!
4 Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? 5 Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? 6 Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! 7 È già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? 8 Siete voi invece che commettete ingiustizie e rubate, e questo con i fratelli! 9 Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, 10 né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. 11 E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.
1Corinzi 6,1-11

Sarebbe un errore pensare che il nostro testo sia una reclame dei tribunali ecclesiastici. Questi, pur essendo di onorevoli tradizioni, sono inevitabilmente influenzati e invasi da “sapienze mondane”. Gli “ingiusti” del ver.1 sono semplicemente giudici che non esercitando il loro compito come cristiani e all’interno della comunità cristiana non ne rappresentano la novità e la divina bellezza e bontà: tale è infatti la “giustizia” di Dio che Gesù è venuto a donare nella sua pienezza. In ogni caso, prima di consegnarsi ai tribunali del mondo, non si deve rinunciare a cercare e ad applicare quella giustizia divina che è interna al Vangelo di Gesù e che è il giudizio “ultimo” di tutta la realtà: “il mondo…gli angeli” (vers.2-3). Quanto più dunque il Vangelo può giudicare “le cose di questa vita”!
Tutto questo non è disprezzo per le istituzioni umane, ma è certamente un rimprovero per averle preferite alla novità e alla potenza del giudizio evangelico. Così affermano i vers.4-5, accennando anche alla possibilità e all’opportunità che ci sia una “persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello”. Purtroppo, invece, ci si consegna ai tribunali pagani. E al ver.7 Paolo entra decisamente nella logica della giustizia evangelica, che già considera una “sconfitta” il fatto che ci siano “liti tra voi”. Meglio sarebbe “subire piuttosto ingiustizie”; meglio “lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene”!! E invece si entra addirittura nell’opposto, come dice il ver.8, fino ad essere noi cristiani a commettere ingiustizie e a rubare, “e questo con i fratelli”!!
I vers.9-10 vogliono ricordare che in ogni modo nulla e nessuno sfugge all’ultimo giudizio, quello di Dio. Ma tale giudizio divino i cristiani l’hanno conosciuto non come condanna, ma come opera salvifica. Tale è il bellissimo ver.11 che, così luminoso, non ha bisogno di spiegazioni, perché questo è ciò che tutti noi abbiamo conosciuto e ricevuto dal Signore, che ci ha “giudicati” salvandoci e “santificandoci” (!!).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
“E’ già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie?”(v.7): qui Paolo è in perfetta sintonia con le parole del Vangelo: “A chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello”(Mt. 5,40), e sappiamo bene cosa significassero allora la tunica e il mantello.- Ma poiché è inevitabile che ci siano contrasti, divergenze, all’interno della comunità, Paolo fa presente la soluzione più semplice, di buon senso: rivolgersi a una persona saggia che faccia da arbitro, da mediatore tra fratello e fratello. Una soluzione conforme alle indicazioni del cap. 18 di Matteo. – Alla fine emerge quello che dovrebbe essere l’obiettivo comune, condiviso da tutti nonostante le diversità e le distanze: possedere il Regno di Dio, cui già apparteniamo perché “lavati, santificati, giustificati nel nome del Signore Geù Cristo e nello Spirito”.