1 Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. 2 Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. 3 Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione.
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Oggi la parola del Signore ci pone l’interrogativo di assoluto rilievo in ordine all’annuncio evangelico. Qual è il cuore dell’annuncio cristiano? E con quale linguaggio deve essere portato? Come tutto il cap.1 ha voluto regalarci, con assoluta radicalità, Paolo ribadisce : “Gesù Cristo, e Cristo crocifisso”. E’ la persona concreta di Gesù di Nazaret. E’ il mistero grande di quest’uomo che è il Figlio di Dio: è Lui il Messia atteso da Israele. E’ il Cristo. Siamo abituati a pronunciare il nome “Gesù Cristo” in modo scorrevole, quasi come un solo nome. Ma la congiunzione tra “Gesù” e “Cristo” è travolgente. E’ la causa della sua condanna a morte: “Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio” (Gv.19,7). Ed è la proclamazione divina dal cielo: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt.3,17). Non si tratta di una teoria o di una tesi. E’ un fatto nella storia. E’ il supremo evento della storia. L’uomo Gesù è Dio!
Dice: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (ver.2). E questo perché tutto quello che si può dire, o ascoltare, è generato e rigenerato dall’evento fondante di Gesù crocifisso: il Figlio di Dio fatto uomo e ucciso sulla croce. Morto per dare la vita a tutti e a tutto. La radicalità dell’affermazione deve essere incessantemente ritrovata e rinnovata. Si deve sempre e solo partire da lì! E’ il significato profondo e segreto di tutto quello che accade. Anche l’avvenimento più piccolo lo si può pienamente intendere solo in relazione a Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Sembra di capire che per questo non solo l’oggetto dell’annuncio, ma anche il “linguaggio” dell’annuncio debba essere coerente. Quindi, non “con l’eccellenza della parola o della sapienza” (ver.1). C’è differenza radicale tra il cristianesimo occidentale e quello orientale sul termine “teologia”: mentre per l’occidente la teologia è un grande sistema di pensiero, per l’oriente cristiano la teologia è “il canto della Parola”. Le cose non sono poi così rigide. La teologia che oggi si studia e si insegna nelle nostre scuole non è quella di cento anni fa. Credo tuttavia che l’avvertimento che oggi ci dona la Parola di Dio sia sempre non solo attuale, ma anche esigente nel chiedere l’incessante riforma del nostro modo di pensare, di proporre e dunque di credere.
Domani riprenderemo ancora, se Dio vorrà, il ver.3. Qui sottolineiamo semplicemente il coinvolgimento della persona stessa dell’annunciatore del Signore. Egli vive e celebra nella sua stessa persona il mistero della “debolezza” della croce e del Crocifisso: “con molto timore e trepidazione”.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.