25Il re Antioco, dunque, teneva il campo contro Dora da due giorni, lanciando continuamente contro di essa le schiere e costruendo macchine; così aveva precluso a Trifone ogni possibilità di uscire ed entrare. 26Simone gli inviò duemila uomini scelti, per combattere al suo fianco, oltre ad argento, oro e molti equipaggiamenti. 27Ma Antioco non volle accettare nulla, anzi ritirò quanto aveva prima concesso a Simone e si mostrò ostile con lui. 28Poi gli inviò Atenòbio, uno dei suoi amici, a trattare con lui in questi termini: “Voi occupate Giaffa, Ghezer e la Cittadella di Gerusalemme, tutte città del mio regno. 29Avete devastato il loro territorio e avete causato rovina grande nel paese e vi siete impadroniti di molte località nel mio regno. 30Ora, perciò, consegnate le città che avete occupato, insieme con i tributi delle località di cui vi siete impadroniti fuori del territorio della Giudea, 31oppure dateci in cambio cinquecento talenti d’argento e, in compenso dei danni arrecati e dei tributi delle città, altri cinquecento talenti; altrimenti verremo e vi muoveremo guerra”. 32Atenòbio, l’amico del re, si recò a Gerusalemme e vide la gloria di Simone, il vasellame con lavori in oro e argento e il suo grande fasto e ne rimase meravigliato. Gli riferì le parole del re, 33ma Simone gli rispose: “Non abbiamo occupato terra straniera né ci siamo impossessati di beni altrui, ma dell’eredità dei nostri padri, che fu occupata un tempo dai nostri nemici senza alcun diritto. 34Noi, avendone avuta l’opportunità, abbiamo recuperato l’eredità dei nostri padri. 35Quanto a Giaffa e a Ghezer, che tu reclami, esse causavano un grave danno tra il popolo e nella nostra regione: per esse vi daremo cento talenti”. 36Atenòbio non rispose nulla, ma indispettito tornò presso il re, al quale riferì quelle parole, la gloria di Simone e quanto aveva visto. Il re si adirò grandemente.
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“Non abbiamo occupato terra straniera né ci siamo impossessati di beni altrui, ma dell’eredità dei nostri padri”, dice Simone al rappresentante del re (v.33). Afferma così un diritto che sta a cuore agli uomini di tutti i tempi: il diritto a vivere liberi e in pace nella propria terra, nel luogo delle proprie radici. – L’ambasciatore del re, giungendo a Gerusalemme, ha visto la gloria di Simone e lo splendore del tempio e “ne rimase meravigliato”(v.32). Anche al sovrano parlerà della gloria di Simone e di quanto aveva visto (v.36). Questa ammirazione, questa meraviglia mi hanno portato alle intense e calde parole del Salmo 122: “Gerusalemme è costruita / come città unita e compatta… / Chiedete pace per Gerusalemme: / vivano sicuri quelli che ti amano; / sia pace nelle tue mura, / sicurezza nei tuoi palazzi. / … Su te sia pace!…”